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Viviani: “Che bello stare in un gruppo così”

(Il Romanista – V. Meta) – Quando chiesero a Luis Enrique chi fosse il giocatore che l’aveva impressionato di più durante il ritiro, nessuno si sarebbe aspettato che rispondesse senza esitare «mi piace tanto Bibiani», al punto che...

Redazione

(Il Romanista - V. Meta) - Quando chiesero a Luis Enrique chi fosse il giocatore che l’aveva impressionato di più durante il ritiro, nessuno si sarebbe aspettato che rispondesse senza esitare «mi piace tanto Bibiani», al punto che le espressioni interdette della sala stampa costrinsero il tenico a spiegare «Bibiani. Il giocatore della Primavera».

Per Federico Viviani, diciannovenne centrocampista campione d’Italia con la Primavera, quella conferenza stampa fu qualcosa di più di un istante di celebrità: fu un battesimo, perché da allora niente è stato più come prima. D’accordo, sulla maglia numero 92 c’è scritto sempre Viviani, ma il regista di classe e personalità che ha deciso l’amichevole di Budapest e strappato gli applausi dei cinquantamila dell’Olimpico si pronuncia alla spagnola. Era partito per Riscone per fare esperienza in attesa di essere mandato in prestito da qualche parte (si parlava del Pescara nell’ambito dell’operazione Verratti, mai andata in porto), è tornato da vice De Rossi, lui che prima dello scorsa stagione faticava persino a trovare spazio in Primavera. «È finita che le ho giocate tutte - dice stringendosi nelle spalle -. Non mi fermo da due mesi: se non fosse troppo bello, direi che sono stanchissimo».

Non si è fermato nemmeno in questi giorni di campionato rinviato, Federico, che sabato scorso era in campo all’Olimpico per la Supercoppa Primavera (cui non è bastato il suo rigore calciato magistralmente per strappare il titolo alla Fiorentina) e oggi lo farà di nuovo con la maglia dell’Under 20. Il sole del mattino alla Borghesiana batte impietoso sulla partitella degli azzurrini, Viviani segna due gol nella porta difesa da Toldo (splendido il secondo, controllo con il destro e conclusione con il sinistro, il tutto in meno di un metro quadrato), ma quando Piccini gli nega il terzo intervenendo duro su di lui, le sue proteste si fanno sentire. «Certo che tu rosichi sempre, eh» scherza Cosimo Tudisco, medico della nazionale di Di Biagio e grande romanista. Federico scuote la testa, si lascia cadere a bordo campo sfiorando distrattamente il tatuaggio sull’avambraccio destro, "you’ll never walk alone".

Estate di fuoco per te, dallo scudetto all’esordio in prima squadra. Hai realizzato? Veramente non ancora del tutto e forse è meglio così: certe volte pensare troppo a quello che è successo può essere deleterio, quindi preferisco non pensarci e andare avanti come se non fosse successo niente.

Nel giro di due mesi ti è cambiata la vita.Io dico che tutto è cominciato alla fine di gennaio, mi pare fosse il 21. A Milano, batto quei due calci di punizione contro l’Inter e da lì si è messo in moto qualcosa che non si è fermato più. La nazionale, dove non ero mai stato convocato, l’attenzione di Montella che mi ha fatto allenare con la prima squadra e mi ha portato in panchina all’Olimpico, poi lo scudetto con la Primavera e il ritiro a Riscone. Un’esperienza che non dimenticherò e che mi ha insegnato tanto, in fondo ero partito sapendo di avere tutto da imparare.

E poi sono arrivati i complimenti di Luìs Enrique... Già. Non me l’aspettavo proprio. Eravamo in ritiro a Trigoria prima della partenza per Budapest, dove poi ho segnato contro il Vasas. Io stavo in camera mia e non avevo sentito la conferenza: a un certo punto mi cominciano a chiamare i compagni, gli altri ragazzi della Primavera che stavano in ritiro, e mi dicono che Luis Enrique aveva parlato bene di me. Lì per lì ho pensato fosse uno scherzo, quando invece me l’ha detto Burdisso ho capito che era tutto vero, lui non è il tipo da mettersi a fare di questi scherzi. Anche in campo mi hanno aiutato parecchio, sia lui sia Heinze, nelle prime amichevoli. Che dire, mi ha fatto piacere e sono stato contentissimo di essere riuscito a segnare il giorno dopo: diciamo che in minima parte ho ripagato la fiducia che mi ha dato il tecnico.

Hai passato l’estate a fare il vice De Rossi.Eh, chi l’avrebbe mai detto... In realtà è stato anche un po’ casuale, ho giocato a Valencia perché Daniele era in nazionale e poi in Europa League perché era squalificato. Come dicevo, è stato il mister a darmi fiducia facendomi partire dall’inizio, di questo non posso che ringraziarlo. Sicuramente mi ha aiutato il fatto che lui non sia il tipo da guardare la data di nascita prima di farti giocare. Tratta tutti allo stesso modo e ha dato subito fiducia a tanti giovani, cosa che in Italia non fa quasi nessuno.

All’Olimpico contro lo Slovan ti hanno visto tutti e sono arrivati tanti applausi. Sì... È una notte che non dimenticherò, giocare all’Olimpico davanti a cinquantamila persone è un’emozione difficile da raccontare. Mi dispiace per com’è finita, ma credo che abbiamo fatto comunque bene fino a mezz’ora dalla fine. Io ce l’ho messa tutta.

Da quando vi allenate insieme, De Rossi ti ha dato qualche indicazione particolare, qualche consiglio? Consigli no, però mi aiuta sempre tanto. Mi dice di stare tranquillo e giocare come so fare. Devo dire che ho trovato un gruppo di ragazzi formidabili, mi hanno aiutato a inserirmi e anche in campo mi parlano tantissimo, non solo De Rossi ma anche Burdisso, uno che nello spogliatoio si fa sentire.

A proposito di spogliatoio, come state vivendo la vicenda Totti?Lo spogliatoio è quello di sempre, non c’è alcuna tensione. Totti non ha mai detto una parola riguardo a questa storia né mai creato un problema. E ha continuato ad allenarsi sempre alla grande, da grandissimo campione qual è. Siamo tranquilli.

Con l’arrivo di Gago e Pjanic, come cambiano le tue prospettive?Io vado avanti con lo stesso spirito con cui sono partito per Riscone: lavorare, imparare, migliorarmi. Solo così potrò riuscire a ritagliarmi uno spazio in mezzo a tanti campioni. Il mister è uno che tratta tutti allo stesso modo, quando deve scegliere non sta a vedere uno da dove viene o dove ha giocato fino a quel momento. Fa le sue scelte, e va dritto per la sua strada.

E quel tatuaggio?L’ho fatto il 30 giugno, ma non dico perché.

Una ragazza? No! Roba di famiglia, comunque, non legata al campo.

Comunque tuo padre l’hai già superato: due presenze in Europa valgono più di due in B con la Lazio.[ride] Eh, mi sa di sì…