(Corriere dello Sport – A.Vocalelli) Il campionato ha esaurito quasi tutti i suoi verdetti, in un turno che ha fatto registrare emozioni e colpi di scena.
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Una stagione fallimentare: è indispensabile che gli americani stringano i tempi
(Corriere dello Sport – A.Vocalelli) Il campionato ha esaurito quasi tutti i suoi verdetti, in un turno che ha fatto registrare emozioni e colpi di scena.
Per una volta cominciamo dalla coda, dalle lacrime di Palombo per la retrocessione in B della Sampdoria. Lo avevamo detto e scritto da mesi: attenti con il mercato, perché si possono fare acquisti sbagliati ma si possono anche avallare cessioni che rischiano di far precipitare la situazione. Non solo per il valore tecnico dei giocatori, ma per il messaggio che si indirizza all’ambiente. La Sampdoria alla fine del girone di andata, il 9 gennaio, era nona con 26 punti. Proprio in quei giorni sono arrivati gli addii a Pazzini e Cassano.
Fatto sta che la squadra si è accartocciata su se stessa, mettendo insieme soltanto 10 punti nelle seguenti 18 partite. Uno sfascio a cui i tifosi non hanno potuto che assistere, con una squadra che nelle ultime 7 partite a Marassi è riuscita a conquistare la miseria di un punto. A far festa sono stati, parallelamente, tutti quelli che hanno continuato a crederci, a lottare, cercando di trovare energie anche nelle proprie debolezze. Così, coscienti del fatto che solo con grande umiltà si poteva arrivare al traguardo, ce l’hanno fatta Parma, Catania, Bologna, Cesena e alla fine il Lecce. Meritano un applauso Colomba, che ha messo insieme 13 punti nelle ultime 5 partite; Simeone per la carica che ha saputo trasmettere ai suoi; Malesani, soprattutto per tutto ciò che ha fatto nel momento di maggior caos societario; Ficcadenti per aver spronato una squadra che era terz’ultima alla trentaduesima giornata; De Canio che ha vinto 4 delle ultime 7 partite, arrivando al risultato sempre attraverso il gioco. Per tutti loro praticamente uno scudetto, con il valore di quello che Allegri ha cucito sulle maglie del Milan. Alle spalle dei rossoneri, ecco Inter e Napoli, che si sono date appuntamento per la festa del San Paolo. Sì, perché l’altro scudetto di questo campionato è del Napoli, che strameritatamente ha conquistato la qualificazione diretta alla Champions. Impressionante lo spettacolo offerto da uno stadio fantastico e impazzito di gioia per un’impresa che ha riportato alle gesta di Maradona e compagni. Non c’è dubbio che l’impresa abbia l’immagine di Mazzarri, dei giocatori, ma è De Laurentiis l’uomo che merita la copertina per aver preso una società alla deriva, senza neanche i palloni, e averla riportata tra le grandi d’Europa. Merito di un’attenta programmazione e non certo un miracolo: da agosto andiamo dicendo, contro i tanti scettici, che questo Napoli sarebbe arrivato molto, molto, in alto. Per il quarto posto c’è ancora un pizzico di suspence, con l’Udinese che deve centrare almeno un pareggio nell’ultima partita con i nuovi campioni d’Italia. Difficile pensare che Guidolin si lasci sfuggire l’occasione. Ha ancora una speranza e ha ancora più rimpianti la Lazio che, dopo una stagione sempre nelle prime quattro, rischia di restare fuori per un soffio. Intanto per i biancocelesti è arrivata la matematica certezza di rientrare comunque in Europa: bisognerà attrezzarsi, con una rosa all’altezza, per non rischiare un’altra volta di complicarsi la vita negli anni in cui bisogna dividersi tra le le varie competizioni. Al novantanove per cento in Europa League ci sarà la Roma: difficile pensare che non riesca almeno a pareggiare con la già retrocessa Sampdoria. Un traguardo, diciamolo chiaramente, che sa di fallimento, per una squadra che era partita con ben altre ambizioni.
E’ indispensabile, a questo punto, che gli americani stringano i tempi: ci sono tanti modi, magari attraverso Unicredit, per far partire l’operatività anche se non sono state ancora assegnate ufficialmente le cariche. Non si può perdere altro tempo e a, cominciare dall’allenatore, bisogna cominciare a sciogliere i nodi. Il Milan campione d’Italia, per fare un esempio, ha già preso Mexes, Taiwo e sta lavorando su altri tre o quattro giocatori. La Roma pensi a questo e si muova, dando a chi deve operare sul mercato - Sabatini e forse anche Pradè - gli strumenti per farlo. Altrettanto deve fare la Juve che, per la verità, si è già mossa da tempo. Anche in questo caso il primo nodo è quello del tecnico, con Villas Boas che sarebbe il preferito (ma è anche il più difficile da prendere) e con Conte e Mazzarri a seguire. La Juve sa che al novantanove per cento, perché il suo destino è legato alla Roma, sarà fuori anche dall’Europa League. Una mortificazione per un club che, periodo di Calciopoli a parte, solo 20 anni fa è rimasto fuori da tutte le Coppe. Può sembrare paradossale dirlo oggi: ma una Juve che dovrà pensare solo al campionato, dovrà necessariamente essere una Juve che dovrà lottare per il vertice del campionato. E quest’esclusione indirizza anche le strategie di mercato: non bisognerà, come è successo quest’anno, allestire una rosa ampia e zeppa di giocatori di media qualità. Bisognerà puntare a 17-18 giocatori, ma di assoluto livello. Sta chiudendo brillantemente il Palermo, rinfrancato dal ritorno in panchina di Delio Rossi, che ha conquistato la finale di Coppa Italia e - secondo solo al Milan - 13 punti nelle ultime 6 partite. Si è congedata dal Franchi la Fiorentina, con un pareggio che fotografa un campionato con molti toni di grigio, colpa anche dei tanti infortuni. La sensazione, comunque, è che si sia chiuso un ciclo di successi, che ha portato negli ultimi anni il club toscano a essere protagonista. Sarà un mercato, quello viola, di grandi cambiamenti.
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