(La Gazzetta dello Sport - S.Cieri/A.Catapano) - Come al solito, il derby romano ama gli eccessi, non conosce mezze misure. Domani propone una sfida inedita: l’emergente Montella, 36 anni, contro l’esperto Reja. 65 primavere.
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Un derby senza età
(La Gazzetta dello Sport – S.Cieri/A.Catapano) – Come al solito, il derby romano ama gli eccessi, non conosce mezze misure. Domani propone una sfida inedita: l’emergente Montella, 36 anni, contro l’esperto Reja. 65 primavere.
Testacoda biografico del campionato: il romanista il più giovane, il laziale il più anziano. Due allenatori agli antipodi, almeno nei riferimenti: guardiolano l’uno (ma lo si è misurato quasi solo nei tornei giovanili), capelliano l’altro (ma ha una sua precisa filosofia).
Prudenza! Che poi queste distinzioni valgono solo sulla carta. Perché, per esempio, Vincenzo Montella prepara il suo primo derby da allenatore ispirandosi a Ranieri, che a Roma ne ha vinti quattro su quattro. La cosa ha una sua logica: la squadra giallorossa in questo momento è fragile, ha i nervi scoperti, chiederle un match aggressivo e offensivo può essere pericoloso. Meglio attendere la Lazio, più sicura della sua classifica ma scottata dai precedenti. Può sembrare un paradosso per uno che ha segnato otto gol nei derby (7 in campionato, 1 in coppa, 4 in una partita sola). Ma tant’è, Montella sta chiedendo ai suoi «calma, prudenza, lucidità» . Quella che è mancata a Donetsk. Per questo con calma sta agendo anche sugli «esauriti» della squadra: De Rossi conserva i gradi di vice capitano e va regolarmente in campo; Borriello, multato di 35 mila euro dalla società, va in panchina ma solo perché è il momento di Totti, già escluso senza troppi riguardi a Donetsk. Con una preghiera, rivolta ai romani: «Non giocate da tifosi (e pure qui Ranieri ci aveva visto lungo)» .
Il veterano Il giorno in cui Edy Reja cominciava la carriera di allenatore Montella frequentava ancora l’asilo. E non la cominciava direttamente sulla panchina di uno dei club più prestigiosi d’Italia (come accaduto al giovane collega) ma sui campi sterrati della Serie D. E il diverso pedigree da giocatore non c’entra. Perché il Reja calciatore aveva comunque frequentato la Serie A. Ma all’epoca, fine anni ’ 70, il guardiolismo non andava ancora di moda e la gavetta era obbligatoria. L’allenatore della Lazio ne ha fatta fin troppa, forse. Perché per arrivare a lavorare in piazze importanti (Napoli prima e ora la Lazio) ha dovuto fare un giro lunghissimo, nel corso del quale ha peraltro vinto cinque campionati (quattro di B ed uno di C1). Insomma, se vuole attingere al suo passato, ha solo l’imbarazzo della scelta.
Il tabù Basterà? Finora no, l’esperienza non è stata sufficiente. Reja è uscito sconfitto in ciascuno dei tre derby affrontati (due di campionato e uno in Coppa Italia). Un filotto negativo che ha pochi precedenti nella storia recente delle stracittadine romane (Zeman ne perse quattro nel ’ 97-’ 98). Una serie nera unica zona d’ombra dell’avventura laziale dell’allenatore goriziano, peraltro in una storia generale di bilancio negativo con la Roma. Da allenatore Reja ha affrontato i giallorossi nove volte senza riuscire mai a vincere, perdendo sette volte e pareggiando solo in due occasioni. Cosa fare per spezzare il tabù? Chissà, forse Reja può chiedere un consiglio al suo amico Fabio Capello. Uno che i derby romani li ha quasi sempre vinti. E che a Vincenzo Montella sapeva come far saltare i nervi, anche se il derby più bello lo deve proprio a lui: 5-1 il 10 marzo 2002, poker dell’Aeroplanino. Che tempi.
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