(Leggo - F.Balzani) Il samba di Alexandre Pires si sente da un chilometro di distanza, già prima di entrare nel complesso residenziale Le Ville, all’Infernetto.
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Tra infernetto e paradiso
(Leggo – F.Balzani) Il samba di Alexandre Pires si sente da un chilometro di distanza, già prima di entrare nel complesso residenziale Le Ville, all’Infernetto.
A casa Simplicio (dove il cantante paulista è considerato un mito) infatti è tornato il buonumore. Il brasiliano prepara il secondo atto, quello della rivincita. E dopo il gol all’Atalanta si candida per una maglia da titolare nella sfida contro la Lazio di Reja che Simplicio ha imparato a conoscerlo a sue spese negli ultimi derby (un gol e un rigore guadagnato dal centrocampista in due partite). «Non dimenticherò mai quelle emozioni», confessa timidamente Simplicio con un sorriso che gli riempie la faccia da Cicciobello che a Roma gli è costata qualche critica di troppo. «E’ sovrappeso», si diceva al suo arrivo nella capitale un anno fa, ma era tutta un’impressione (basta vederlo senza maglietta per cambiare idea). Quando a Roma ti affibbiano un soprannome, però, è impresa impossibile scrollarselo di dosso. Figuriamoci uno che di soprannomi ne ha tre: i compagni infatti lo chiamano Pumba (come il paffuto facocero de Il Re Leone), i tifosi lo hanno ribattezzato Arnold (per via della sua somiglianza con il personaggio del telefilm), mentre qualche critico ha storpiato il suo nome in Fabio Supplìcio.
Per Luis Enrique è semplicemente Fabio Maravilla, perché proprio il tecnico si è dovuto ricredere sulle qualità del brasiliano. Escluso dalla lista dei convocati durante il ritiro estivo, Simplicio ha convinto Luis Enrique in silenzio, sudando da solo al caldo di Trigoria. «Non ci penso ad andarmene. Lavoro il doppio e faccio cambiare idea al mister», aveva detto. E così ha fatto. Da reietto a protagonista, come nella scorsa stagione quando Ranieri non lo schierava nemmeno nelle partitelle d’allenamento. «Simplicio, Simplicio perché non fai giocare Simplicio. Mi chiedete sempre la stessa cosa», sbottò il tecnico. Fabio Maravilla sorprese anche lui. Facile per uno che come idolo si è scelto Carlos Dunga. «Tutti i brasiliani sognano Ronaldo o Pelè, io preferisco Dunga perché aveva grinta e non mollava mai». Una scelta che da sola basterebbe a spiegare il personaggio. Simplicio infatti è brasiliano di nascita, ma è europeo nella testa. Cresciuto nel quartiere Morumbia di San Paolo del Brasile, in un collegio che ospitava una trentina di giovani talenti tra cui l’amico fraterno Kakà («ci telefoniamo tutti i giorni») Baptista e Cicinho, il giovane Simplicio era indeciso se tentare la carriera di cantante o quella di calciatore. Scelse la seconda pur conservando la passione per il samba che ascolta e balla in casa insieme alla moglie Elaine e ai figli (Serena di 6 anni e Jordan di due) oppure in una churrascheria sulla Pontina in compagnia di Cicinho.
Nessuna saudade, però. Simplicio adora l’Italia e ne ama la cucina. E per sua fortuna, qui sta bene anche la sua famiglia: «Se loro stanno bene - dice il brasiliano -, ame non serve altro. Siamo molto uniti, vengono sempre allo stadio, sono tifosi». Lo faranno anche domenica sera.
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