(Il Romanista - C.Zucchelli) - Provare a trasformare i fischi in applausi. Provare a far dimenticare le ultime prove negative e a mettere in mostra, oltre al talento, anche il carattere.
rassegna stampa roma
Tra fischi e riscatto, la partita di Mirko e Jeremy
(Il Romanista – C.Zucchelli) – Provare a trasformare i fischi in applausi. Provare a far dimenticare le ultime prove negative e a mettere in mostra, oltre al talento, anche il carattere.
Provare, se mai, a far vedere di essere professionisti fino in fondo, con la testa (e i piedi) completamente concentrati sulla Roma. È questo quello che oggi si chiede a Mirko Vucinic e Jeremy Menez. Montella ha provato, in conferenza, a star loro accanto («la colpa non è certo da una sola parte»), qualche tifoso ha cercato a fare lo stesso, incitandoli dentro e fuori Trigoria, tutti convinti che il miracolo chiamato quarto posto passa anche attraverso di loro. Dare tutto fino al 22 maggio, poi che sarà sarà. Non gli si chiede altro. Non gli si chiede neppure di cambiare idea, di rimanere a Roma a tutti costi: la squadra che verrà dovrà avere giocatori completamente convinti di indossare questa maglia e, al momento, Vucinic (che ieri non era al massimo, ma non dovrebbe essere in dubbio per oggi) e Menez sembrano lontani anni luce da qua. Il primo già a gennaio voleva andar via: Rosella Sensi, Montali, Pradè e Ranieri lo hanno trattenuto, sicuri com’erano di potersi giocare ancora qualcosa di importante in questa stagione. Le cose poi sono cambiate, solo il pensiero di Mirko, quello che un anno fa faceva vivere il sogno scudetto, è rimasto lo stesso: andare via. Jeremy Menez, invece, non ci pensava. Fino a febbraio era uno dei punti fermi della Roma e credeva di rinnovare il contratto in scadenza nel 2012. Le sirene inglesi c’erano, ed erano anche piuttosto forti, ma il francese pensava (e sperava) di essere il presente e il futuro della Roma. Con l’avvicendamento di Ranieri con Montella, le cose sono cambiate: Menez ha perso il posto da titolare, almeno nelle prime partite, e il rapporto con l’allenatore, che spesso lo ha ripreso per determinati atteggiamenti in partita, non è mai decollato. Da lì, la decisione di andare via, rinforzata dall’aggressione subita dopo Roma- Inter. Qualcosa che col calcio c’entra poco o nulla, e lui è il primo a saperlo, ma che lo allontana, forse irrimediabilmente, da questa città. Dal 22 maggio, però. Prima c’è un campionato, e una semifinale di Coppa Italia, quantomeno da onorare. Cessione o meno, da loro ci si attende un pronto riscatto. Farlo oggi col Chievo è il minimo, a cui entrambi hanno già segnato, è il minimo.
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