(Corriere dello Sport - P.Torri) - Peggio non poteva cominciare. Essere eliminati dallo Slovan Bratislava, oh lo Slovan Bratislava, è forse il punto più basso della storia europea della Roma.
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Totti-Luis Enrique ecco tutta la verità
(Corriere dello Sport – P.Torri) – Peggio non poteva cominciare. Essere eliminati dallo Slovan Bratislava, oh lo Slovan Bratislava, è forse il punto più basso della storia europea della Roma.
E’ vero ci sono i sette gol di Manchester, ma lì si giocava un quarto di finale di Champions League, mica un play-off di Europa League. Ma, se vogliamo, la clamorosa eliminazione dalla coppa di consolazione, è un problema minore di fronte alla rottura a cui si è arrivati fra il giocatore più importante della storia giallorossa e il nuovo tecnico. E questo è un problema che può avere conseguenze devastanti nel prossimo futuro. La totale contestazione dei cinquantamila tifosi dell’Olimpico e, siamo convinti, anche di tutti gli altri davanti al televisore, al momento della sostituzione del capitano, ha chiarito, se mai ce ne fosse stato bisogno, da che parte sta la piazza. Del resto sarebbe stato clamoroso il contrario. Anche se non ci si può dimenticare dell’entusiasmo e dell’approvazione con cui buona parte della tifoseria ha accolto l’arrivo dell’asturiano. Capace, però, in un mese e mezzo, di dilapidare tutto il credito con cui era stato accolto. E non è soltanto una questione di Totti. E’ che sia all’andata che al ritorno, contro lo Slovan Bratislava, Luis Enrique non ha messo in campo la formazione migliore possibile. Che è poi quello che dovrebbe fare un allenatore. Perché si possono fare tutti i discorsi del mondo, ma se a Bratislava vanno in campo Caprari e Okaka con Totti e Borriello in panchina, qualcosa non torna. Poi sarà pure vero che Luis Enrique abbia voluto mandare un messaggio a tutti i naviganti, cioè va in campo chi, a suo giudizio, si allena bene, ma è pure vero che su qualsiasi nave al mondo ci sono capitani e marinai. E un motivo ci sarà.
La sindrome Tassotti. Diciassette anni dopo. Mondiali americani, Italia-Spagna, gomitata del difensore italiano sul volto di Luis Enrique. Potrà sembrare paradossale, ma c’è anche questo alla base della rottura, perché di rottura si deve parlare, tra il tecnico e Francesco Totti, prima sistemato in panchina a Bratislava, poi sostituito giovedì sera all’Olimpico. Risultato: Roma fuori dall’Europa, al centro di un putiferio e una situazione tra tecnico e capitano che al momento sembra davvero senza ritorno.
RETROSCENA UNO - La sindrome Tassotti, dicevamo. E’ riesplosa in una notte valenciana, dodici agosto scorso, la Roma incassa tre pappine al « Mestalla » . Ma non è questo il punto. Anzi. Luis Enrique lo aveva detto alla dirigenza che non sarebbe stato il caso di andare a Valencia, « andiamo incontro a una brutta figura » , come poi è puntualmente accaduto. Il punto è che Lucho quella sera si è imbufalito. Non tanto per la prestazione di Totti (e Borriello) che a suo giudizio non era stata all’altezza di quello che gli aveva chiesto, ma soprattutto per l’atteggiamento tenuto in campo dal capitano giallorosso. In particolare nel secondo tempo: un abbozzo di testata a un avversario, una sbracciata a un altro, un litigio con alcuni panchinari del Valencia quando stava per calciare un angolo, tutti episodi che hanno mandato su tutte le furie il tecnico spagnolo, « non posso sopportare che un mio giocatore si comporti così » , così si era sfogato con i dirigenti. La sindrome Tassotti, appunto. A Valencia, dunque, è cominciato il problema, ingigantito dalla panchina di Totti (e Borriello) a Bratislava, esploso definitivamente giovedì sera con il capitano sostituito a poco più di un quarto d’ora dalla fine con Stefano Okaka.
RETROSCENA DUE - C’è anche dell’altro. Perché lo stato d’animo di Luis Enrique è, pure, quello del suo staff. Orfano ormai da qualche tempo di De La Pena tornato a Barcellona non tanto per problemi famigliari, quanto perché venendo a Roma si era immaginato un ruolo da vice direttore sportivo piuttosto che da vice allenatore come invece ha dovuto prendere atto decidendo, a quel punto, che sarebbe stato meglio tornare a casa. C’è stato, in tempi recentissimi, uno dei collaboratori di Lucho (che non lavora a Trigoria) che in una chiacchierata con alcuni giornalisti spagnoli, ha detto chiaro e tondo che Luis Enrique non è tipo da mezze misure, cioè o si fa come dice lui, oppure potrebbe pure prendere la decisione di mollare tutto. Chiacchierata di cui è venuta a conoscenza anche la dirigenza romanista.
CONFRONTO - Non c’è stato. Né dopo la partita con lo Slovan, tanto meno ieri a Trigoria. Del resto Totti aveva parlato con l’allenatore dopo la gara d’andata, quando era rimasto in panchina per una settantina di minuti. Luis Enrique gli aveva spiegato le sue ragioni, il capitano giallorosso aveva ascoltato, incassato ma anche capito poco. Stavolta non c’è stata nessuna richiesta di un confronto. Tanto meno lo ha fatto il tecnico. Che, ieri, prima dell’allenamento, ha parlato per cinque minuti a tutta la squadra. Spiegando come una sconfitta non può avere la forza di cambiare un progetto appena cominciato, invitando i giocatori a continuare a crederci e a non mollare. Nessuno dei giocatori ha replicato, figuratevi Totti. Che, ci sbaglieremo, ha deciso di fare come il cinese, sistemandosi sulla riva del fiume.
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