(Il Romanista-FOTOGRAMMA-P.Marcacci) La legge del più forte rifulge sempre, riesce a risplendere anche sotto un cielo opaco dal quale non trapela neppure uno spiraglio di luce, sulla Tevere semivuota.
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Totti e la teoria della selezione naturale di Darwin
(Il Romanista-FOTOGRAMMA-P.Marcacci) La legge del più forte rifulge sempre, riesce a risplendere anche sotto un cielo opaco dal quale non trapela neppure uno spiraglio di luce, sulla Tevere semivuota.
Che dovesse essere Totti a dominare, indirizzare, decidere questo derby non c’era bisogno che lo precisasse Montella nella conferenza pre-partita, l’aveva già decretato Charles Darwin circa un secolo e mezzo fa, con la sua teoria della selezione naturale.
Totti ancora doveva nascere, però Darwin aveva già capito, evidentemente, che c’è chi nasce con l’intelligenza calcistica e i fondamentali infiniti che gli consentono di tenere tre minuti la palla in una mattonella di campo per coccolare un vantaggio strameritato e chi non trova di meglio da fare che colpire Simplicio con una testata di fronte al guardalinee; il rovescio della medaglia della selezione naturale è anche nascere (polisportivamente) prima in questa città e rinunciare al nome Roma, però non divaghiamo.
Parliamo di cinema, piuttosto: parliamo di una traiettoria d’esterno e di rabbia, che striscia in diagonale sull’erba resa fulgida come la fotografia di un film di James Ivory, col verde che è più verde se è Totti a camminare sull’acquerugiola dell’Olimpico, altro che i coloranti che fanno venire l’allergia a Sculli. Poi è un dischetto come isola di serenità, mentre tutto attorno è grida e bestemmie, mani in faccia e minacce da guitti di quart’ordine, come un “poliziottesco” all’italiana con la buonanima di Maurizio Merli. Quando parte il rigore, è come “Apollo 13”, solo che Muslera non è lo stesso Tom Hanks, è più simile a quello di “Forrest Gump”, visto che rimane a terra col naso all’insù, mentre la navicella pesca la luna sotto la traversa, a un palmo dall’ugola strozzata della Sud.
Alla fine, quando un Tagliavento alto, segaligno e impassibile come Michelangelo Antonioni è costretto ad ammonirlo perché s’era spogliato di critiche, dubbi e malevolenze, non possiamo che ammirare la sua tempra di professionista incastonata nella levità di una figura mai così tirata: come sintetizzare la muscolatura di Van Damme con la leggerezza di Diane Keaton in una pellicola di Woody Allen. Quale pellicola? Io direi “Provaci ancora Sam”, che è anche il consiglio che diamo a Reja e alla sua irascibile brigata, dopo cinque tentativi a vuoto.
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