(Il Romanista - T.Cagnucci) Non uno più di Baggio, ma cento più di Pruzzo. Sempre Roberto, ma per un tifoso romanista non c’è confronto.
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The King
(Il Romanista – T.Cagnucci) Non uno più di Baggio, ma cento più di Pruzzo. Sempre Roberto, ma per un tifoso romanista non c’è confronto.
Non tra Totti e Baggio, ma tra Pruzzo e l’ex numero dieci bianconerazzurrorossoblu. Pruzzo è stato è e sarà il Bomber. Pruzzo è stato ma che sei Pruzzo? che dicevi da ragazzino a chi in qualsiasi campetto faceva gol. Pruzzo era come anvedi Menneao ah Zoffe, un sinonimo di gol, come di velocità o parata. Un sinonimo e basta, mica poco: vuol dire che quella persona era diventata quella cosa. Qualcosa.
E Pruzzo è stato qualcosa di importante. Pruzzo è stato è e sarà il numero 9 per sempre della Roma, la doppietta al Dundee in semifinale di Coppa dei Campioni, la rovesciata all’ultimo minuto a Torino contro la Juventus, il gol salvezza con l’Atalanta, il gol al derby con le arance sotto la Sud e un gol quella notte. Pruzzo è stato tutto questo, tutto questo che ci rimarrà per sempre dentro, con quegli odori e quella retorica infinita, esattamente tutto ciò che ci dà forza ancora adesso come romanisti. Pruzzo è stato 106 volte Pruzzo e Totti adesso è 100 volte di più. Cento gol più di Pruzzo, non uno più di Baggio ti possono far capire cos’è diventato per sempre Totti nella nostra. Uno sproposito. Un’enormità. Un altro sinonimo
. Il paragone con Baggio non dovrebbe esserci più dopo questo primo maggio in cui hanno beatificato un Papa, ammazzato il criminale per antonomasia ma in cui il regicidio non è riuscito. Ci sono tanti piccoli enormi particolari che lo significano, non solo quel gol in più. Baggio è stato una splendida storia da solista, Baggio è stato un profilo sfuggente, è stato grazia, arte blu, ma lo ha fatto a turno per la Fiorentina, per la Juve, per il Milan, per l’Inter, per il Bologna, per il Brescia, cioè lo ha fatto per se stesso. Totti no. Baggio è nato un 18 febbraio.
Il 18 febbraio del 1993 Francesco Totti giocò la prima partita di sempre nella sua Roma da grande, era un’amichevole al Flaminio con l’Austria. Da quel momento Totti è stato sempre Roma. Totti ha giocato per una comunità, per un senso di appartenenza, per un concetto, per dei colori, perché da ragazzino diceva ma che sei Pruzzo?.
Il miracolo è che adesso in tutto il mondo i ragazzini che giocano a pallone si chiamano Totti. Anche Pruzzo lo chiamavano O’Rey. Il The King of Rome is not dead che stava sulla sua maglietta l’altra notte sta a significare questo, una tradizione che continua. Totti è il Re, è il King (Soldatino e D’Artagnan erano quelli che stavano a Controcampo sabato sera) perché è il re di questa storia. Nel senso più nobile. Più vero.
La storia delle tue domeniche mattina, dell’autobus che prendevi quando andavi alla partita col finestrino abbassato, della conta all’oratorio, di Lamberto Giorgi coi mille caffè, dell’odore da sigarette strane quando andavi allo stadio, dei fogli di carta che dovevi strappare e imbustare per l’ingresso in campo, di quell’abbraccio stretto che ti faceva sentire il centro del mondo prima di capire un giorno che il mondo se ne può fregare di te, fino persino ad impedire di andarti a vedere Bari-Roma, cioè i 100 gol più di Pruzzo, cioè tutto questo. Tutto questo Totti tiene in vita: la Roma. Un sinonimo.
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