rassegna stampa roma

Tensione tra Unicredit e DiBenedetto

(Il Tempo – A.Austini) – Oltre al prezzo di acquisto del club già fissato da tempo (70,3 milioni), le due anime della nuova proprietà devono concordare le cifre definitive delle ricapitalizzazioni – almeno due –...

Redazione

(Il Tempo - A.Austini) - Oltre al prezzo di acquisto del club già fissato da tempo (70,3 milioni), le due anime della nuova proprietà devono concordare le cifre definitive delle ricapitalizzazioni - almeno due - necessarie a rimettere a posto i bilanci della Roma:

l'ultima previsione di perdita per il prossimo esercizio è di 53,6 milioni. Nei patti di Boston il primo aumento di capitale dovrà essere di almeno 35 milioni di euro. Ma a questo punto non bastano e gli americani dovranno inevitabilmente spendere più del previsto: ogni ulteriore investimento andrà coperto al 60% dal consorzio Usa e al 40% dalla banca, secondo le quote della nuova società controllante. Rispetto al vertice del 12 luglio a Londra tra DiBenedetto, Paolo Fiorentino di Unicredit e i legali, le parti sembrano più vicine. Al momento nessuno mette in dubbio la chiusura positiva dell'affare, anche perché gli americani hanno già versato una caparra di 6 milioni di euro. DiBenedetto è pronto a tornare lunedì nella Capitale insieme a due uomini del fondo Raptor diretto dal suo socio James Pallotta, incaricati di mettere mano sui bilanci e le strategie del club, ma non si può ancora dire che sia tutto pronto per le firme. Lo slittamento del «closing», che secondo gli accordi dovrebbe esserci entro la fine di luglio, ha messo in agitazione la banca. Da piazza Cordusio filtrano segnali di insofferenza: la banca vuole fissare la data dell'incontro finale. «Domani (oggi, ndr) chiameremo il closing» fanno sapere gli uomini di Unicredit. E le parole del legale Roberto Cappelli, presidente ad interim della Roma, hanno scatenato un corto circuito della comunicazione. «Ripensamenti da parte di DiBenedetto? Non ho in realtà motivo di pensare che ci siano. Come ha detto il dottor Ghizzoni - spiega Cappelli all'AdnKronos - da parte nostra abbiamo fatto tutto quello che c'era da fare per il closing. Al momento non ho nessun motivo per pensare che ci possano essere dei problemi, la palla è ai nostri amici americani, bisogna chiedere a loro. Da parte nostra non abbiamo altro da fare». In sostanza Unicredit, dopo aver concluso il lavoro sui contratti di finanziamento, gira la palla agli americani, spiazzati a loro volta dal pressing mediatico che si è scatenato. Ma ormai ci hanno fatto l'abitudine. I titoli di coda si avvicinano: se non arriveranno entro luglio, si dovrà aspettare al massimo i primi giorni di agosto. Guai andare oltre, la Roma è già in ritardo. Su tutto.