(Corriere dello Sport – L.Cascioli) Parole, parole, parole. Parole piene di promesse, parole per suggerire i sogni, parole per alimentare la speranza, parole per chiedere una pazienza che sta diventando dolorosa rassegnazione. Da noi si dice: «fatti maschi, parole femmine».
rassegna stampa roma
Tante parole, fatti pochi. Sta per finire il regno Totti
(Corriere dello Sport – L.Cascioli) Parole, parole, parole. Parole piene di promesse, parole per suggerire i sogni, parole per alimentare la speranza, parole per chiedere una pazienza che sta diventando dolorosa rassegnazione. Da noi si dice:...
Questa Roma ha usato sinora senza freno molte parole, dimostrandosi poi estremamente avara nei fatti. Ci siamo già passati. C'è stato già chi ci ha promesso la luna prima di doverci annunciare invece lacrime e sangue. Pensavamo che con il calcio fosse diverso. Ci eravamo rifugiati pieni di illusioni nel sogno americano. Adesso c'è persino chi vuol vedere nella Roma di DiBenedetto una faccia della crisi che sta mettendo in brache di tela anche il Paese più ricco del mondo. Si continua a parlare di «progetto unico» di «rivoluzione culturale », ma i soli indizi di una rivoluzione in atto li ritroviamo nelle teste che cadono e negli atteggiamenti che sanciscono la fine della monarchia assoluta di Totti. Dopo Vucinic tocca adesso a Borriello, senza che ci siano indizi certi che, come attaccanti, Bojan e Osvaldo possano valere di più. Non vorrei essere nei panni di Luis Enrique, che sperava forse di poter difendere il suo fragile prestigio con una gettata di missili e che invece si è visto costretto a scendere in campo armato appena con una fionda. Anni fa, fu tristemente famosa la «Primavera di Praga ». Non avremmo mai pensato ci toccasse soffrire anche la «Primavera di Bratislava», con il prestigio della Roma difeso solo dalla buona volontà di Capra E' ri, Viviani, Okaka e Bojan. Ma forse non c'è bisogno di ricorrere ad un'amara ironia per demistificare la situazione della squadra. stato assunto a modello della nuova Roma che deve nascere il Barcellona, ma se Guardiola avesse spedito in campo in una coppa europea la squadra che Luis Enrique ha schierato a Bratislava sarebbe stato linciato dagli stessi che lo venerano come un santone. Credevamo di poter imitare (anche se molto alla larga) il Barça nella scelta di alcuni campioni proposti dal mercato, non cercando di ricalcare un modulo di gioco, che può dimostrarsi valido (non sempre) solo se sostenuto dalla tecnica e dalla personalità di inimitabili fuoriclasse. Altrimenti si scade nel puro provincialismo. Costretto a calarsi suo malgrado nel ruolo di un Robespierre, Luis Enrique, quando non usa la ghigliottina, ci è persino simpatico. Ma non vorremmo vederlo trascorrere il suo tempo a Trigoria nei panni invece di un Laocoonte in lotta tra le spire soffocanti di una situazione che rischia di strangolarlo. In attesa di conoscere il profilo dei nuovi acquisti, i soli rinforzi in cui ci ritroviamo a sperare sono quelli di De Rossi e di Juan. Come accadeva lo scorso anno, quando eravamo poveri e disperati. Oggi non siamo certo più ricchi, né abbiamo maggiore fiducia nell'immediato futuro, con la tentazione irriverente di incidere sul cancello di Trigoria il cartello: PER STAR MEGLIO, QUI GIACCIO.
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