(Corriere dello Sport - A.Maglie) - Questa volta la Roma riesce a evitare la solita funesta rimonta. Bisogna anche dire che si è impegnata molto per subirla e solo la dissennatezza difensiva del Lecce le ha consentito di portare a casa una vittoria che almeno fa un po’ di morale in vista della trasferta ucraina.
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Stavolta la Roma non si perde
(Corriere dello Sport – A.Maglie) – Questa volta la Roma riesce a evitare la solita funesta rimonta. Bisogna anche dire che si è impegnata molto per subirla e solo la dissennatezza difensiva del Lecce le ha consentito di portare a...
Ma se si escludono alcune giocate (soprattutto di Vucinic, nella prima mezz’ora di gara. perché dopo il gol il montenegrino è stato colto dalla consueta sindrome da appagamen-to), le due reti e, quindi, il successo, nel bagaglio organizzato per il viaggio di ritorno, Montella non è che possa inserire molti dati confortanti. La Roma non è guarita: la speranza è che questo successo scuota le menti dei romanisti irrobustendo certezze che in questi mesi si sono infiacchite. Perché i problemi dei giallorossi appaiono soprattutto mentali, nervosi: non sembra reggere la concentrazione, la continuità. All’appuntamento di Donetsk mancano tre giorni: tutto può accadere. Il Lecce ha regalato un tempo alla Roma spedendo in campo una squadra con un solo attaccante, Jeda, troppo « leggero » per poter creare grossi problemi ai difensori romanisti. De Canio, rinunciando a Rispoli per Chevanton, ha pure provato a vincere. Ma i problemi salentini sono tutti nella fase difensiva: approssimativa, costellata di errori collettivi marchiani e di errori individuali banali. Certo, Damato non è stato benevolo con i salentini che qualche motivo di recriminazione possono vantarlo.
LA LEGGE DI MIRKO -Sei anni non si dimenticano, ciò non toglie che Mirko Vucinic con un colpo di biliardo abbia indirizzato a vantaggio della Roma gli equilibri di una gara sino a quel momento scialba, caratterizzata da qualche tentativo di gioco del Lecce e da alcuni errori clamorosi in fase conclusiva della Roma. Montella ha restituito ai suoi ragazzi il modulo a loro più congeniale ma ciò non toglie che, rispettoai tempi d’oro ( ad esempio quelli di Spalletti) i meccanismi appaiano arrugginiti. Il fatto è che per dare un senso a qualsiasi modulo occorre giocare senza palla e nella Roma quasi tutti si attendono di riceverla tra i piedi e se uno come Vucinic ricevendola può inventare qualcosa, molti altri finiscono per maltrattarla (come Taddei che solo davanti a Rosati, ha controllato in maniera così maldestra da consentire a Fabiano di togliergliela). I pericoli il Lecce in qualche maniera se li è costruiti da solo concedendo alcune banali ripartenze ( su contrasti ingenuamente perduti) a Vucinic e compagni, portando troppi uomini sull’avversario in possesso di palla e finendo così per sguarnire ampie zone di campo. Lo stesso gol di Vucinic è arrivato da un rilancio di Borriello su cui Rispoli ha smarrito l’attaccante romanista che sfruttando la forza e la maggiore qualità è riuscito a girargli attorno, catapultandosi verso l’area. Gustavo non gli ha opposto grande resistenza ma il colpo di esterno destro è stato a dir poco magistrale (sfera che accarezza il palo e finisce in rete). La reazione rabbiosa dei salentini evidenziava, però, il limite di una squadra dal peso fisico molto limitato, soprattutto in avanti (con il solo Jeda). Di qui la decisione di De Canio di rinunciare a uno spento Grossmuller per l’inserimento di Corvia (Vives, tenuto a protezione della linea difensiva, è stato avanzato sulla linea del centrocampo, con Olivera che si allargava a sinistra). Anche Montella era costretto a rivedere i suoi piani a causa dell’infortunio di Cassetti (con Juan in mezzo, Burdisso veniva dirottato a destra).
SOLITI FANTASMI -Con Corvia in campo, il Lecce ha cambiato volto anche perché ha trovato un giocatore capace di dare profondità, potendo, anche, accettare il confronto fisico con i difensori romanisti. Al resto ha provveduto la Roma ridestando i suoi soliti fantasmi. Perché la pressione dei salentini ha fatto precipitare la squadra di Montella in un baratro di paura: errori in appoggio banali, palloni lasciati agli avversari. Doni si esaltava su una conclusione di testa di Corvia, seguiva con una certa preoccupazione un pallone calciato al volo sempre da Olivera (sibilava accanto all’incrocio), poi alzava bandiera bianca quando su un cross di Munari tanto Juan quanto Mexes consentivano a Giacomazzi di andare in cielo per indirizare verso la porta romanista di testa una velenosa « palombella » . Se il Lecce non fosse quella squadra difensivamente dissennata che è, la vicenda per la Roma non avrebbe avuto il lieto fine. Invece, su un cross di Perrotta (nato da una palla che Rosati avrebbe dovuto abbrancare), Munari, piazzato malissimo, in maniera scomposta ha cercato di contendere a Borriello di testa il pallone, finendo per colpirlo con la mano. Dopo uno scambio di opinioni vivace con Borriello, Pizarro si presentava sul dischetto e trasformava regalando alla Roma una vittoria piccola ma preziosa. E al Lecce molti malumori di origine arbitrale.
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