Dell'accordo siglato venerdì in Campidoglio tra la giunta Raggi e i proponenti della Roma non si sa praticamente nulla. I contorni dell'acconto, ad oggi, sono un mistero che rischia di restare tale ancora per settimane, fino a quando il nuovo progetto non sarà ufficialmente messo nero su bianco sulla delibera di pubblico interesse e depositato in conferenza servizi.
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Stadio, Raggi vince Roma perde
Prima che il nuovo progetto abbia il via libera bisognerà attendere un anno. La prima pietra nel 2017 è solo una chimera
Entro venerdì, l'As Roma e Eurnova di Parnasi, chiederanno una nuova deroga al termine del 3 marzo. Tempo che servirà per sciogliere i molti nodi rimasti in sospeso a monte dell'annuncio trionfale fatto da Virginia Raggi sul taglio del 50% delle cubature del progetto originario. Perché, come riporta L'Unità, quello che l'accordo non dice, è che fine farà la parte più importante delle opere previste nel vecchio piano. Il mistero in questione avvolge il destino delle opere pubbliche a carico dei proponenti previste nel progetto a cui nel dicembre del 2014 era stato riconosciuto il «pubblico interesse» dall'amministrazione Marino.
«La Raggi ha cancellato tutte le opere di interesse pubblico da noi ottenute, più di 250 milioni di euro per i trasporti e un parco grande come Villa Borghese. Ha fatto un favore ai costruttori», ha dichiarato l'ex sindaco. Un mistero che s'infittisce e lo certificano le parole dell'assessore regionale all'Urbanistica Michele Civita: «Non si conoscono ancora le opere e le infrastrutture che l'accordo reputa indispensabili per garantire la mobilità, il miglioramento dell'ambiente e della qualità urbana».
Nonostante l'accordo, fra i consiglieri grillini in Campidoglio c'è ancora qualcuno contrario all'opera. Inoltre, c'è ancora da capire a quanto ammonterà la spesa adesso che il progetto "sforbiciato" è stato rimodulato su una spesa totale di un miliardo circa. Secondo quanto fatto filtrare dalla Roma e Parnasi, il risparmio in questo capitolo di spesa sarebbe di circa 130 milioni. Dal Campidoglio, però, il riserbo è massimo su una trattativa che evidentemente è ancora tutta da scrivere. Di certo, dal progetto, salterà uno dei due nuovi ponti carrabili sul Tevere previsti. La proposta, sarebbe quella di provare a "stornare" sul secondo (quello dello Stadio) 90 dei 150 milioni stanziati dal Cipe per la realizzazione del primo (quello dei Congressi). Pagherebbe il pubblico, quindi, e non più il privato un'opera che in ogni caso potrebbe venir realizzata soltanto dopo la realizzazione dello stadio.
Stessa tempistica, secondo indiscrezioni, anche per il completamento dello svincolo sulla RomaFiumicino. Due "menomazioni" al progetto originario che, secondo urbanisti e ambientalisti, metterebbero a serio rischio la sostenibilità del sistema viario di una zona su cui, in occasione delle partite, si riverserebbero 55mila persone che si muoveranno perlopiù con auto private. A tutto questo ci sono da aggiungere le criticità che aumenterebbero dai minori interventi per la riqualificazione della via Ostiense-via del Mare.
Difficile pensare, poi, che la nuova situazione possa permettere di rispettare la soglia del 50% che il vecchio progetto fissava per l'affluenza degli spettatori con mezzi pubblici. Soprattutto se, invece di acquistare 15 nuovi treni per potenziare la Roma-Lido, ce ne saranno solo due a disposizione. Anche perché la strada alternativa inizialmente prevista dalla delibera di pubblica utilità, quella del prolungamento della metro B, è stata già di fatto preclusa dall'Agenzia della mobilità comunale. Dal progetto, inoltre, sarebbero cassati anche alcuni interventi per l'accessibilità del Tevere: resta la riqualificazione delle banchine, ma vengono cancellati i quattro nuovi pontili inizialmente previsti.
Il silenzio, però non potrà durare a lungo e quella parte del Movimento che già oggi non sembra disposta ad accettare la retromarcia attende al varco pronta a dare battaglia. Il capogruppo Paolo Ferrara ha provato a smentire le voci della possibilità che ci siano quattro o cinque consiglieri pentastellati ancora orientati a votare no quando in assemblea sarà portata la nuova delibera di pubblico interesse o la modifica di quella approvata nel dicembre 2014.
Un dettaglio importante, visto che l'iter di approvazione del progetto potrebbe ripartire da capo con una nuova conferenza servizi. In tal caso, ci vorrà un anno almeno prima che il nuovo progetto abbia il via libera. La possibilità di vedere poggiata la prima pietra entro il 2017 può essere accantonata.
(L'Unità - M. Solani)
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