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Sir Matthews, con l’Inghilterra in campo a 42 anni e 104 giorni

(Corriere dello Sport – R.Maida) – Era così abile, ve­loce e imprevedibile da dribblare un avversario «nello spazio occupato dal­la moneta di un penny » , come raccontavano in In­ghilterra.

Redazione

(Corriere dello Sport - R.Maida) - Era così abile, ve­loce e imprevedibile da dribblare un avversario «nello spazio occupato dal­la moneta di un penny » , come raccontavano in In­ghilterra.

Un pioniere del­l’ala destra alla Garrincha. Stava per smettere nel 1947, a 32 anni, quando l’allenatore del Blackpool, Joe Smith, gli chiese: « Te la senti di giocare per altre due stagioni? » . Stanley Matthews fece di sì con la testa. Del resto si era ripo­sato, suo malgrado, duran­te la guerra. Fu allora pre­so dallo Stoke City per 11.500 sterline, con uno sti­pendio trasgressivo di 12 sterline a settimana. Nove anni dopo, nel 1956, avreb­be vinto il primo Pallone d’Oro della storia, davanti ad Alfredo Di Stefano, con 47 voti contro 44.

RECORD -E la storia adesso è sua. Nella nazionale in­glese ha giocato fino a 42 anni e 104 giorni, primato britannico di longevità che gli è valso (ovviamente) il titolo di baronetto del Re­gno Unito e l’appellativo disir.Matthews ha chiuso con il calcio nel 1965, a 50 anni esatti, contribuendo a portare lo Stoke City, la squadra di una vita, in pri­ma divisione, l’attuale Pre­mier League. Nessun cal­ciatore, né prima né dopo, ha mai raggiunto i livelliche adesso Totti, tra il serio e il faceto, proverà ad av­vicinare. L’unico rimpianto della sua carriera resta il segno « zero » nella casella dei campionati vinti. In questo Totti l’ha già supe­rato.

RICORDI -Stanley Mat­thews, classe 1915, se ne è andato alla fine del millen­nio, nel 2000, lasciando un segno indelebile nelle me­morie calcistiche.«E’ stato l’uomo che ci ha insegnato il calcio»disse Pelè.«Il mi­gliore creatore di cross che abbia mai visto »aggiunse l’ex juventino John Char­les, che lo aveva incrociato da avversario con la maglia del Leeds.«Nessuno pote­va fermarlo »ammise Franz Beckenbauer. Per­ché Stanley Matthews era un fenomeno, pure nella sfida al tempo che passava.