rassegna stampa roma

Simon, dal Palermo alla Bundesliga via Sudafrica

(Corriere dello Sport – R.Loria) – Il salto più importante e più diffici­le della sua vita Simon Kjaer lo ha già fatto. Passare dal freddo della Danimarca al caldo e alla passione della Sicilia non deve essere stato facile per un...

Redazione

(Corriere dello Sport – R.Loria) - Il salto più importante e più diffici­le della sua vita Simon Kjaer lo ha già fatto. Passare dal freddo della Danimarca al caldo e alla passione della Sicilia non deve essere stato facile per un ragazzo che nell’estate del 2008 aveva solo 19 anni.

A portarlo dal Mare del Nord alla spiaggia di Mondello fu l’allora direttore sportivo rosanero Rino Foschi, so­stituito proprio in quei mesi da Walter Saba­tini. Kjaer arrivò tra la diffidenza della piaz­za e i timori di un ragazzo a cui in tanti, lo ha rivelato lo stesso giocatore, avevano sconsi­gliato l’esperienza palermitana. Mai come in questo caso si può dire che i consigli spesso vanno ascoltati ma non seguiti. ADOTTATO -Per ambientarsi la società rosane­rolo affidò a una famiglia danese residente a Palermo. Una sorta di famiglia adottiva che aiutò il giovane centrocampista centrale a in­tegrarsi in un ambiente così diverso da quel­lo da cui proveniva. Per un danese che vuo­le gioire al calcio il salto più semplice e na­turale è quello nel campionato inglese o tede­sco. Abitudini e stili di vita più simili, mag­giore facilità con la lingua, una filosofia di calcio più vicina a quella danese. Lui, nato a Horsens, cittadina a 260 chilometri da Cope­naghen, cresciuto calcisticamente con la ma­glia del Midtylland e col mito del Liverpool, abituato a cenare alle sei di pomeriggio e a un calcio molto più semplice di quello italiano, non si è tirato indietro. Accompagnato dalla fidanzata Camilla e dai suoi tatuaggi, Kjaer èriuscito a imporsi a Palermo nonostante le difficoltà e nonostante una concorrenza ag­guerritanel ruolo. TITOLARE- Merito degli infortuni di Bovo e Carrozzieri, e delle partenze di Raggi e Del­lafiore, ma soprattutto, delle proprie presta­zioni che convinsero Davide Ballardini, chia­mato già a sostituire già nel settembre 2008 l’esonerato Colantuono, a lanciarlo da titola­re con la maglia del Palermo. Ventisette pre­senze e tre gol alla prima annata in Serie A a soli vent’anni. Nulla di cui lamentarsi per il ragazzo venuto dal freddo, che in fretta im­parò ad apprezzare le sottigliezze tattiche del calcio italiano e le raffinatezze culinarie del­la cucina siciliana. Un altro bel salto per luiarrivato in Italia dichiarando di essere un ap­passionato di hamburger e fast food. Il se­condo anno a Palermo si confermò titolare inamovibile sia con Walter Zenga che con Delio Rossi. Trentacinque presenze e due gol che gli valsero la partecipazione alla spedi­zione danese al mondiale di Sudafrica. Pro­prio al ritorno dal mondiale per lui arrivò la notizia dell’addio al Palermo: 12,5 milioni versati dal Wolfsburg nelle casse rosanero e un contratto quinquennale da un milione e mezzo di euro. Ottimi motivi per mettere in valigia l’amata Playstation, e per trasferirsi insieme alla bionda Camilla in Germania a soli 500 chilometri da casa. Di nuovo al Nord. Di nuovo al freddo. Forse per poco.