(Il Romanista - T.Cagnucci)Lo supera proprio lì e proprio contro la sua squadra. E pensare che Giacinto Facchetti, numero 3 per sempre dell’Inter, la prima partita in serie A l’ha giocata contro la Roma (era un 21 maggio del 1961, noi avevamo vinto in Europa, loro, il Milan e la Juve ancora mai).
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Sapessi com'è Capitano a Milano
(Il Romanista – T.Cagnucci) Lo supera proprio lì e proprio contro la sua squadra. E pensare che Giacinto Facchetti, numero 3 per sempre dell’Inter, la prima partita in serie A l’ha giocata contro la Roma (era un 21 maggio del 1961, noi...
Da quel giorno ne ha giocati altri 474 con la stessa maglia in campionato, divenendo il primo fluidificante del calcio italiano e il primo difensore ad abbattere il muro della doppia cifra di gol in un torneo. Simbolo dell’Inter che ha fatto scrivere “Luci a San Siro” a Roberto Vecchioni. Quella parte di storia rispettabile dell’Inter.
Sabato sera la luce a San Siro sarà quella sui tetti di Roma quand’è al tramonto (cit.). Non può non sembrare fatto apposta che Francesco Totti superi nelle presenze in serie A Giacinto Facchetti (che cominciò tutto contro di noi) con l’Inter al Meazza. Certe volte la storia sa essere riconoscente, certe volte – anzi - sa quando deve farlo e sa ripetersi: sabato 17 settembre 2011, Francesco Totti gioca la sua 476esima partita in serie A superando Giacinto Facchetti che in serie A ne ha giocate 475 (spareggio perso contro Fulvio Bernardini a parte). La cosa più bella è che queste 951 partite le hanno giocate tutte con la stessa maglia, la Roma Totti, l’Inter Facchetti. Capitani. Francesco va al sedicesimo posto assoluto di questa classifica, ma ne ha soltanto tre davanti per quanto riguarda quella dei super-iper-fedelissimi, cioè di quelli che la maglia in serie A non se la sono mai tolta per cambiarsela, nemmeno per sbaglio: Giuseppe Bergomi (519) e Javier Zanetti (537) sempre con l’Inter, e Paolo Maldini 647 volte col Milan (e l’ultima contro la Roma coi fischi dei suoi tifosi perché certe volte la storia non sa essere riconoscente). Finisce qua la cronaca buona per tutti gli italiani. Ai romanisti interessa soltanto che Totti all’Inter sabato sera gliene faccia una decina. Punto, punto e virgola e punto esclamativo. Meglio abbondare. A San Siro è già andato oltre. Il 26 ottobre del 2005 qui contro questi – Julio Cesar in porta – ha realizzato il suo più gol dei 207 in campionato: palla presa nel giardinetto di Casal Palocco (all’epoca abitava lì) il tempo di andare a Milano, fermarsi, girarsi, provare l’abbrivio, saltare noiosi ostacoli vestiti di carne e di neroblu per arrivare a fare quella cosa lì: un pallonetto che trasforma la notte in giorno, il sole nella luna in un secondo, con la palla che si ferma all’equinozio e scende come l’autunno dietro la schiena di quell’inutile portiere. Dopo quello ne fece un altro in quella partita, riuscendo a far tornare a vincere la Roma a San Siro contro l’Inter dopo un paio di lustri. Benedetto.
L’anno dopo ne farà altrettanti col Milan (e uno mezzorovesciando l’emisfero Sud dello stadio) per realizzare la stessa cosa: violare il Meazza, salire la Scala del calcio dopo vent’anni dall’ultima volta di un piede romanista. Altro che Armstrong: abbiamo aspettato più di vincere a Milano che di andare nello spazio. Totti a San Siro va in orbita quando gli pare. Una volta eravamo chiamati a ribaltare un 1-4 subito in casa e lui con un paio di sputnik su punizione l’impresa l’aveva mezza realizzata. L’ultima volta di un gol da ’ste parti fu contro il Milan, e fu sempre da fermo (spesso le divinità si concedono tali ozi) regalandoci un 3-2 e l’Europa, sempre quel giorno dell’addio di Maldini, tipo 852 giorni fa. A Milano contro l’Inter – che per un romanista Anni 80 sa proprio della Milano più bauscia che ci sia – non segna da quando fece Delvecchio sotto la Nord nerazzurra: gli mostrò l’orecchio, cioè aveva capito in anticipo solo sul loro stupore che giocare con l’Inter o con la Lazio è uguale. Li zittì. Poi Rosetti (sì, Cassano c’aveva ragione...) s’inventò l’espulsione di Mexes e il pareggio di Zanetti, togliendoci lo scudetto più meritato visto sul campo dai tempi di Turone.
Ci ha sbagliato pure un paio di rigori Totti qui, uno col Milan nella più bella partita della Roma di Zeman, e uno in Supercoppa, finitò troppo alto perché non vedeva l’ora di dedicarlo al cielo (era appena morto Franco Sensi). Oggi, adesso, sabato notte è tutto un altro giorno. Come ne sono passati tanti in questi pochi giorni! Soltanto una settimanella fa Totti era l’escluso, “il non più titolare”, il problema, adesso è diventato l’unico vero intoccabile dell’attacco. Tutto questo non per Luis Enrique, ma per quelli che parlavano di Totti, e con le parole di Totti, mentre Totti non diceva una parola. Ne ha dette un paio l’altra sera sulla Tuscolana quando è stato fra gli organizzatori di una cena che ha sorpreso quelli che in questi giorni usano il ritornello: “ma i tifosi della Roma ce l’avranno la pazienza che un progetto simile richiede?”, perché non sanno nemmeno che tutto lo stadio ha applaudito tutta la squadra, anzi tutto il progetto persino dopo l’1-2 col Cagliari. Ma queste son polemiche che non arrivano qui, qui dove non arrivano nemmeno gli Angeli. Come Facchetti. Sabato Totti sarà una partita dopo. E sarà un altro dono prezioso che lui in silenzio si porterà a casa, aspettando un giorno per poterlo raccontare – innanzitutto e con calma a se stesso - come tante altre storie, tanti altre gol, tante altre magie e tutti i suoi record. Ce ne sarà ancora di tempo, ma quello di dopodomani sarà veramente un bel passaggio. Poi veramente, si sa, di luci a San Siro non ne accenderanno più.
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