rassegna stampa roma

Rosella saluta «Vorrei uno stadio dedicato a papà»

(Il Messaggro – R.Renga) Ne successero di cose in quel mese: il primo nacque l’Unione Europea; il tre Giuliani divenne sindaco di New York; il nove crollò il ponte di Mostar; il ventitré Silvio Berlusconi fece la sua prima dichiarazione...

Redazione

(Il Messaggro - R.Renga) Ne successero di cose in quel mese: il primo nacque l’Unione Europea; il tre Giuliani divenne sindaco di New York; il nove crollò il ponte di Mostar; il ventitré Silvio Berlusconi fece la sua prima dichiarazione politica. Tra quelle date ogni buon romanista inserisce il numero otto, il giorno della rinascita.

C’erano polvere, cenere e macerie nella cittadella abbandonata. Franco a Trigoria non trovò posate e tovaglie. La signora Maria fece un salto a casa e portò forchette e coltelli, come succede quando si va in vacanza. Franco fece costruire una cappella. Poi rialzò la sede e allargò i campi. Spese, vinse, si fece prendere la mano, capeggiò rivolte che l’avrebbero condotto in alto se non l’avesse frenato la malattia, di cui in molti approfittarono: la vita, del resto, è quella che è.

Morì tre anni fa in un caldissimo giorno d’agosto. Lo accompagnarono le lacrime di tutta Roma. Rosella diciotto anni fa studiava e si era messa in testa di fare la giornalista. Si è ritrovata senza volerlo, a sostituire la persona che più ha amato. Non sempre è stata capita. Bisognava navigare, ma non c’era vento a spingere quelle vele.

Come si fa? Autofinanziamento e romanità: romani in campo, romani dietro la scrivania. E quel Giorgio Rossi, che Rosella proprio ieri ha ricordato, offrendo le ultime parole da presidente al fisioterapista che è nel cuore di tutti: «Senza nulla togliere a Baldini, dico che è lui la continuità». Per il resto dichiarazioni da interpretare: «Non ho ancora incontrato i nuovi proprietari, spero di farlo. Auguro grandissimi successi e spero che arrivino prima possibile. Cosa farò? Amo il calcio, ma potrei anche fare la giornalista. Il mio pensiero va a papà e mi piacerebbe che gli venisse dedicato il nuovo stadio. Ringrazio i tifosi, ovviamente». Le cose a Rosella sono andate bene e male. Bene nei risultati, male negli affetti.

Per anni i suoi giorni sono stati accompagnati da minacce e le notti da una pattuglia di agenti. Ieri mattina è stata, non solo simbolicamente, messa alla porta, lasciandola con due interrogativi: perché gli altri no? Perché nemmeno il passaggio delle consegne o l’onore delle armi? In tarda mattinata aveva ricevuto solo due telefonate.

Roma va di corsa: cancella. Anche i numeri di telefono, a quanto pare. Staranno brindando, ha pensato Rosella. Che si è sentita più vicina che mai a Riccardo e Francesca Viola, figlio e nipote di Dino, con il quale suo padre dividerà chissà per quanto tempo il podio dei presidenti della Roma. Al cinema, a questo punto, escono i titoli di coda e compare una scritta che ci lascia tristi, quando il film, come quello appena visto, è buono: the end.