rassegna stampa roma

Roma, tanti volti nuovi ma gli stessi difetti di ieri

(Corriere dello Sport – L.Cascioli) Nel tessere la tela di un nuo­vo gioco, forse Luis Enrique ha cominciato dal verso sba­gliato. Prima di puntare sul gio­co d’attacco doveva preoccu­parsi della fragilità fisiologica della difesa.

Redazione

(Corriere dello Sport - L.Cascioli) Nel tessere la tela di un nuo­vo gioco, forse Luis Enrique ha cominciato dal verso sba­gliato. Prima di puntare sul gio­co d'attacco doveva preoccu­parsi della fragilità fisiologica della difesa.

Glielo avevamo ri­cordato, come monito, all'inizio del suo lavoro, quando aveva incantato la platea prometten­do una squadra- champagne. Ma con i primi sorsi abbiamo ingoiato due boccate d'aceto. Due squadre che non sono le prime in Europa, anche se fan­no parte del nucleo elitario, co­me il Paris Saint- Germain e il Valencia, si sono bevute la Ro­ma, lasciando l'allenatore e l'ambiente in quello stato di al­larme che favorisce le pungen­ti verità.

E cominciamo a dirce­le allora queste verità, che una pericolosa euforia ha fatto sino­ra sottacere. La nuova Roma ha puntato subito su due bersagli per rico­struire la squadra: giocatori giovani e di qualità. Sui giovani tutti d'accordo: la squadra già da tempo mostrava le sue ru­ghe. Circa la qualità, come non essere d'accordo? Allora, dov'è l'errore? Sta nel fatto che la Ro­ma sta perdendo per strada al­cuni giocatori di grande espe­rienza e l'esperienza ti porta a ottenere la concretezza, la pra­ticità, il risultato. Luis Enrique ha ereditato una squadra che sapeva già dare spettacolo, ri­cavandone però troppo spesso un pugno di mosche. In difesa aveva grande qualità (Mexes, Juan, Burdisso) ma incassava gol a grappoli. In attacco aveva tanta qualità ( Totti, Vucinic, Borriello), ma non bastavano per vincere le partite. Il proble­ma non era la qualità, era sem­mai la scarsa velocità della manovra collettiva e i reparti che funzionavano come camere stagne senza comunicare tra lo­ro. Bene, questi problemi sono ri­masti.La Roma, è nuova in al­cuni nomi, ma è quella di ieri nei suoi difetti di base. Direte che è troppo presto per un bi­lancio negativo, ma forse è già troppo tardi per dire che si sta sbagliando strategia. Le squa­dre, grandi o piccole che siano si costruiscono, come le case, dalle fondamenta. Altrimenti (come dice lo stesso Luis Enri­que) «non si va da nessuna par­te ». La Roma sta facendo bene sul mercato. I nomi sin qui arri­vati sono di qualità. Ma alla giovinezza e alla qualità biso­gna saper aggiungere quel tan­to di concretezza che i giovani per loro natura non hanno e che possa proteggere e garantire l'investimento che viene fatto. Altrimenti tra qualche settima­na rischieremo di trovarci con una squadra di grandi promes­se deluse, depresse e allo sban­do.

 

Per ora i giovani di talento che la Roma ha associato alla rosa di prima squadra sono so­lo spettatori innocenti e frastor­nati della situazione. Qui, caro Luis Enrique, non si tratta di fa­re macchina indietro. Non sia­mo così inclementi da volerglie­lo chiedere. La speranza di una Roma che sappia vincere e fare spettacolo deve restare in piedi. Si tratta solo di non inquinare questa speranza col veleno di troppe delusioni. Qui arriva (o ci viene promesso) un Lamela al giorno. Ma se si continua a perdere, un Lamela al giorno non toglie la paura di torno. La paura di cominciare un futuro ambizioso con il passo sbaglia­to. Facciamo tornare dal mare i tifosi con un po' di fiducia nel progetto appena avviato. Si la­vori sulla difesa, sui necessari collegamenti tra i reparti. Pri­ma di produrre champagne pro­viamo a riempire la botte con un po' di Frascati genuino che non dia troppo alla testa.