(repubblica.it – F.Bocca) Qui in Italia non vedono l'ora. Tre anni fa a Roma, con l'americano alle porte, già sognavano Ronaldinho e Ibra. Adesso invocano un altro americano che Messi e Ronaldo non porterà mai, ma magari Criscito e D'Agostino sì.
rassegna stampa roma
Roma, se arrivano gli americani…
(repubblica.it – F.Bocca) Qui in Italia non vedono l’ora. Tre anni fa a Roma, con l’americano alle porte, già sognavano Ronaldinho e Ibra. Adesso invocano un altro americano che Messi e Ronaldo non porterà mai, ma magari Criscito e...
Due anni fa in Inghilterra quando americani, russi e arabi stavano arrivando a controllare la maggioranza della Premier League, si domandarono se si poteva andare avanti così, dove fosse finita la britishness degli inventori del football. E poi decisero che sì, sarebbero andati avanti così. Tra padroni e giocatori stranieri il calcio inglese è sotterrato, ma il football costa troppo per ripensarci.
A Roma vogliono uno zio d'America che ponga fine a salti mortali e miracoli, braccia aperte dunque a Thomas Di Benedetto, patron dei Boston Red Sox. E se i 4-5 businessmen che lo accompagneranno sono ignari di pallone, pazienza.
La Roma agli americani sarebbe un salto nel futuro e nell'avventura. Il calcio da noi è sempre stato di industriali, petrolieri, tycoon tv e così via. Ma tutti italiani: dai mecenati che comunque hanno il loro interesse (i Moratti, gli Agnelli) ai pirati (Cragnotti e Tanzi) e persino peggio. In Italia si compra una squadra per la passione, la vetrina, la pubblicità, l'immagine, l'ingresso nei salotti politici e finanziari. Nel calcio mangiano tutti, quasi mai presidenti onesti. Ora tocca al business vero, gli stranieri vengono per soldi: oggi è giusto così.
I soldi stranieri fanno gola da decenni. Nel 1983 Chinaglia tornò in Italiavantando i dollari della Warner, promettendo una Lazio ricca e affascinante come i Cosmos di New York: gliela dovettero togliere molto presto. Ci ha riprovato nel 2007 con soldi ungheresi e soprattutto finti: è latitante negli Usa. Nel 2005 l'Enic (inglesi con interessi nel Tottenham, Basilea, Bordeaux, Sparta Praga e Aek) è uscito dal Vicenza: nel '97 fu il primo straniero a entrare in un club italiano.
Storia senza gloria. Facendo brillare i petrodollari di Gheddafi, il figlio del rais, Al Saadi, socio Juve e amico di Moggi, riuscì pure a collezionare da centravanti inguardabile un paio di apparizioni in A con Perugia e Udinese. Da anni a Milan, Roma, Bologna, Bari e altri sono stati associati l'industriale russo Suleyman Kerimov della Nafta Moskva, lo sceicco del Manchester City Al Mansour (magari...), il riccone filantropo George Soros, il petroliere albanese Rezart Taci, il texano dell'energia solare Tim Barton, l'avvocato "sola" Joe Tacopina e così via. Mai concluso nulla. In Inghilterra 10 club (Chelsea, Manchester Utd e City, Liverpool, Arsenal, Fulham, Birmingham, Aston Villa, Sunderland, Blackburn) sono ormai russi, arabi, americani, indiani, cinesi. Quando David Sullivan, produttore di film porno tipo "Emmanuelle a Soho" ma gallese di Cardiff, ha strappato il controllo del West Ham agli islandesi e all'avventurosa offerta del n.1 del Cagliari Cellino hanno fatto festa.
Gli stranieri hanno portato soldi, campioni, vittorie e montagne di debiti: totale 4 miliardi di euro, oltre il 50% dell'indebitamento di tutto calcio europeo. La Premier è una bomba a orologeria e molti dei padroni stranieri odiati. Quando il Liverpool incontrava l'americanizzato United i tifosi dei Reds urlavano per scherno ai rivali "Usa, Usa". Salvo fare la stessa fine. Il New Calcio non piace a tutti: se Abramovich non è stato mai seriamente osteggiato a Manchester i nostalgici dello Utd indossano sciarpe gialloverdi, colori originari del club, per contestare l'americano Glazer. Sono stati licenziati persino impiegati dissidenti e un gruppo di inglesi fuoriusciti ha fondato il Football Club United of Manchester che gioca nelle serie inferiori. Dicono di conservare l'antico spirito british. Nella Bundesliga, calcio moderno e virtuoso, una recente norma impedisce che i capitali stranieri in un club superino il 50%: il fussball deve rimanere tedesco. Ma in Francia (il Psg è ormai americano) e in Spagna (con gli sceicchi) il muro è caduto: Malaga e Santander sono arabi. Anche se Real e Barcellona con tanto di elezioni e migliaia di soci (65000 i blancos, 172000 i blaugrana) sono blindati: e poi immaginate un americano che compra il cuore della Catalogna. Del resto nemmeno Platini vede bene gli speculatori stranieri: "Mi piace quando si investe nel campionato del proprio paese. Gli inglesi dovrebbero fare leggi per impedire l'arrivo di altri investitori esteri. Preferisco il modello Barcellona, i tifosi sono azionisti e non può esserci un proprietario straniero".
Adesso forse toccherà a noi, al calcio che abbiamo sempre difeso come industria tipicamente italiana. Senza mai considerare che i primi a mettere soldi in un club di football furono gli inglesi che diedero vita nel 1893 al Genoa Cricket and Athletic Club. 118 anni fa.
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