(Corriere dello Sport - S.Agresti) - La nuova Roma non finisce più di stupire. Tutta la nuova Roma: dai dirigenti all’allenatore. Non abbiamo ancora capito se è una strategia, una filosofia o una mania, fatto sta che i risultati per ora sono deludenti.
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Roma, non stupire più. Compra centrocampisti
(Corriere dello Sport – S.Agresti) – La nuova Roma non finisce più di stupire. Tutta la nuova Roma: dai dirigenti all’allenatore. Non abbiamo ancora capito se è una strategia, una filosofia o una mania, fatto sta che i risultati...
Ieri è arrivata anche la prima batosta negli impegni ufficiali, proprio davanti al nuovo padrone DiBenedetto: lo Slovan, una squadra decisamente scarsa, ha battuto i giallorossi al debutto in Europa. Diamo per scontato che il risultato venga ribaltato al ritorno: troppo deboli gli avversari perché la Roma non ci riesca. Un filo d’incertezza e apprensione, però, ora esiste. E non se ne sentiva il bisogno, considerato che la coppa è uno dei tre obiettivi della stagione. Perderla subito sarebbe imperdonabile. Della capacità di stupire dei dirigenti diremo poi. Adesso parliamo di quella dell’allenatore. Ieri, in una partita che era anche un test per il campionato (tra nove giorni si comincia), Luis Enrique ha lasciato fuori Totti e Borriello, schierando in attacco Okaka e Caprari. Cioè un giovane che doveva essere ceduto e un ragazzo della Primavera. Perché l’ha fatto? Decisione tecnica. «Ho scelto i migliori», ha spiegato alla fine l’allenatore. Non occorre essere scienziati del pallone per capire che Okaka e Caprari - con tutto il rispetto - non sono migliori di Totti e Borriello. Auguriamo loro di diventarlo, un giorno, ma oggi è evidente perfino per un allenatore di tamburello - e rispettiamo anche il tamburello - che il confronto non regge. Se sta fuori Totti e gioca Borriello, o viceversa, si può parlare di scelta tecnica. Se stanno fuori Totti e Borriello e giocano Okaka e Caprari, siamo di fronte a una provocazione. Chi sia l’obiettivo di questa provocazione non sappiamo. Quegli stessi giocatori? Oppure i dirigenti che non hanno ancora rafforzato l’organico in modo adeguato? O qualcun altro? Se invece a ispirare Luis Enrique è stato il Barcellona, che vive sui ragazzi del vivaio, diciamo che la scelta è stata quanto meno avventata: la sua vecchia società cresce, fa maturare e poi catapulta i giovani sul palcoscenico, inserendoli in un contesto sicuro e funzionante, mentre ieri sono stati quasi mandati allo sbaraglio. E il suo maestro Guardiola i campioni li fa giocare anche quando non sono al massimo: visto Messi, annunciato in condizioni precarie, nella Supercoppa contro il Real? Quanto ai dirigenti, ci hanno stupito dal primo giorno. I tifosi aspettavano Ancelotti e si sono trovati in panchina il deb Luis Enrique. Con il tempo il popolo romanista ha anche scoperto che Totti è pigro - Baldini dixit - e che Osvaldo, attaccante spedito in Spagna dopo i fallimenti di Firenze e Bologna, vale più di Vucinic, (s)venduto alla Juventus per quindici milioni. Dal nostro osservatorio continuiamo a vedere - ma probabilmente sbagliamo - che mentre cerca attaccanti e difensori, la Roma ha un buco, anzi una voragine a centrocampo. A parte De Rossi (a proposito, ma questo benedetto contratto?) ci sono i vecchi Perrotta e Pizarro, il giovanissimo Viviani e qualche rincalzo ritenuto in lista di partenza fino a ieri sera, quando è tornato improvvisamente utile. La logica dice che, a 12 giorni dalla fine del mercato, la società debba concentrarsi sull’acquisto di almeno un centrocampista d’alto livello (ma ne servirebbero due). In fondo, anche questo stupirebbe: sai che sorpresa se la nuova Roma facesse una scelta logica?
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