rassegna stampa roma

Roma, la pazienza è finita

(Corriere dello Sport-A.Ghiacci) No, ora non c’è davvero più tempo. Perché va bene che la partita della Roma è durata poco, fino al fallo di Juan e al conseguente rigore con cartellino rosso per il brasiliano,

Redazione

(Corriere dello Sport-A.Ghiacci) No, ora non c’è davvero più tempo. Perché va bene che la partita della Roma è durata poco, fino al fallo di Juan e al conseguente rigore con cartellino rosso per il brasiliano,

prima di cambiare definitivamente, ma adesso i tifosi non capiscono più. E la pazienza, la famosa pazienza all’insegna della quale era nato il nuovo progetto giallorosso, è finita. L’atteggiamento del pubblico romanista aveva stupito tutti: non era mai stato così a Roma, per la squadra giallorossa soprattutto. E da tutte le parti erano piovuti elogi nei confronti del nuovo modo di pensare, culminato nello striscione «Mai schiavi del risultato» mostrato dalla Curva Sud all’Olimpico contro il Lecce. Tutto bellissimo. Fino a ieri pomeriggio. Fino al secondo tempo della partita del Franchi: Roma sotto di due gol e di due uomini (di lì a poco sarebbero diventati tre, sia i gol che i giocatori in meno) e il settore ospiti è esploso. Tanto, troppo, avevano dovuto mandare giù fino a quel momento. E allora ecco il coro, chiaro, inequivocabile: «Luis Enrique vattene...» e non diciamo dove, poi «te ne devi anda’...» e infine, rivolto a tutti, giocatori compresi, «ci avete rotto...» e anche qui non diciamo cosa.

AMAREZZA -Erano pronti, i tifosi, come sempre. Perché loro, come aveva detto il tecnico della Fiorentina Delio Rossi alla vigilia, «la Roma non la discutono, la amano. Poi, dopo il fischio finale, se c’è da contestare, contestano» . No caro Delio, stavolta non c’è stato bisogno di aspettare il fischio finale. Già dopo la prima frazione di gioco l’aria era tesa. Poi, a metà del seondo tempo, i cori, i primi di contestazione. Fino alla «società dei magnaccioni» cantata con tanta amarezza in corpo, quasi a voler dimostrare che davvero «che ce frega e che ce ‘mporta» , ma si capiva che gli importava eccome. Come importava a quei dieci, quindici tifosi giallorossi che erano in tribuna centrale al Franchi: poco prima del novantesimo si sono piazzati alle spalle di Luis Enrique e, attraverso il vetro, gli hanno urlato di tutto, tra gesti e forti manate al vetro stesso per richiamare l’attenzione del tecnico. Che però, ha fatto finta di niente, restando immmobile come ormai era da circa un quarto d’ora.

 

OBIETTIVO -E’ stato proprio Luis Enrique l’obiettivo della prima contestazione. Perché? Perché chiunque, tra chi era arrivato a Firenze e chi era rimasto a casa davanti alla televisione, ha fatto fatica a comprendere la natura di alcune scelte del tecnico. E allora dal settore ospiti, quello che prima era un rumore difficile da decifrare, pian piano ha preso corpo. E’ diventato un altro coro, stavolta a sostegno del «capitano, c’è solo un capitano» . Tutti per Totti, a quel punto. E quindi contro una delle scelte di Luis Enrique che nessuno ha compreso: quella di lasciarlo in pnchina.

 

VIAGGIO -Alla stazione di Firenze c’erano Carabinieri e Polizia: aspettavano la Roma pronti a evitare qualsiasi contatto con i tifosi. Tutto è filato liscio e Totti, ancora lui, ha avuto modo di essere fermato da un tifoso. Contestato? Neanche per idea, richiesta di autografo. Il capitano della Roma si è fermato e lo ha firmato: l’espressione, la sua e quella dell’intera comitiva giallorossa, era tutta un programma. E da quel momento, la prima carrozza del Frecciargento che da Santa Maria Novella sarebbe arrivato a Termini, è stata blindata.