(Corriere dello Sport - G.D'Ubaldo) Si apre oggi la settimana decisiva per il futuro della Roma. Per venerdì è stato fissato il closing e Unicredit non intende concedere proroghe.
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Roma, il futuro in cinque giorni
(Corriere dello Sport – G.D’Ubaldo) Si apre oggi la settimana decisiva per il futuro della Roma. Per venerdì è stato fissato il closing e Unicredit non intende concedere proroghe.
I manager della banca il problema non se lo pongono. Bisognerebbe fare una nuova comunicazione alla Consob, i passaggi sono stati tutti concordati con gli americani.
ARRIVO - Oggi arriveranno i manager finanziari di DiBenedetto, Pannet e Barrow. Sicuramente avranno una riunione con i legali dello studio Tonucci e con Claudio Fenucci, ma non è in agenda ancora un incontro con Unicredit. DiBenedetto ha rinviato il suo ritorno a Roma di qualche giorno: mercoledì o giovedì. Secondo la banca è stato messo tutto nero su bianco, tutto secondo le regole. Non esistono passività superiori rispetto a quelle emerse dalla due diligence. Esiste però una più urgente necessità di immettere capitali nella Roma, anche alla luce delle prime spese fatte per il mercato. Su questo Unicredit è d’accordo: sì a una superiore aumento di capitale ( va bene anche una ricapitalizzazione doppia), no a uno sconto sul prezzo di acquisto della Roma.
INCONTRI - E’ questo quello che emergerà negli incontri previsti in questa settimana, prima del closing, che al massimo potrebbe slittare di qualche giorno. L’avvocato Cappelli, l’attuale presidente della Roma, porterà avanti questa linea. Tutto dovrà procedere nel rispetto del pre-contratto firmato il 15 aprile a Boston. Unicredit e il consorzio americano sono arrivati a un punto di non ritorno ed è difficile ipotizzare che l’affare salti, ma se non ci fossero più le condizioni per arrivare al closing la banca incasserebbe la caparra confirmatoria (10 milioni) e andrebbe avanti da sola, in attesa di trovare un altro acquirente. E qualche sondaggio sarebbe stato fatto nelle ultime ore.
BILANCIO - La due diligence, sottoscritta dalla società di revisione Bdo, prevedeva anche la previsione di bilancio, per questo la banca non intende accordare lo sconto di dieci milioni richiesto dagli americani. Anche il dottor Paolo Fiorentino, uno dei principali fautori della soluzione americana, sembra che negli ultimi giorni abbia dato l’input di non ridiscutere l’accordo raggiunto a Boston. Gli americani e il loro entourage auspicherebbero che Unicredit in queste fasi finali si comportasse da partner e non solo da venditore. Ma un altro motivo di discussione si profila all’orizzonte, quando al momento della costituzione del nuovo consiglio di amministrazione, la banca potrebbe chiedere di confermare, come unico membro uscente, l’editore Pippo Marra. Nell’attesa, nelle ultime ore, ci sono stati scontri dialetticamente molto duri tra i comunicatori delle due parti.
MANAGER - Il management scelto dagli americani va benissimo a Unicredit, ma in caso di rottura cosa accadrebbe? Ieri Sabatini si è detto fiducioso sull’epilogo di questa triste vicenda: « La vivo tranquillamente, anche se colgo una conflittualità. Sono stato scelto dagli imprenditori che stanno acquistando la società e sono sostenuto dai soci di minoranza, io resto sempre legato a chi mi ha scelto. Non mi aspetto colpi di scena, non ho sentore che accada qualcosa di irreparabile. Sto lavorando per la società che mi ha scelto, non è cambiato niente, e lo dico per il ruolo che ricopro. So che la società sarà americana e ci sarà un socio di minoranza con il quale il rapporto è ottimo. Ci sono dettagli da sistemare, ma la trattativa è chiusa, non me ne andrò perchè la trattativa andrà in porto come è stato previsto qualche tempo fa, ma anche per rispetto della tifoseria. Sono certo che le cose si aggiusteranno, sono stato rassicurato in tal senso e non mi faccio condizionare » .
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