(Corriere dello Sport - L.Cascioli)«Non hanno fiato, / il gioco manca, / la Roma sventola / bandiera bianca » . Forse, mettendola in versi, la delusione è più facile da digerire.
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Roma da rifare con tanta passione
(Corriere dello Sport – L.Cascioli) «Non hanno fiato, / il gioco manca, / la Roma sventola / bandiera bianca » . Forse, mettendola in versi, la delusione è più facile da digerire.
Nella trasferta di Catania Montella raschia il fondo della pentola, affidandosi alla buona sorte. Ma la fortuna aiuta gli audaci e il coraggio della Roma sta solo nel cercare di qualificarsi per la Champions difendendo ad oltranza il gol di Loria. E così possiamo cominciare a tracciare il bilancio di un campionato che ha visto il fallimento della società e del progetto di gioco.
La sproporzione qualitativa tra i giallorossi e i loro diretti avversari è ormai diventata così palese che anche un bambino sincero saprebbe spiegarla, evitando a tutti noi di versare torrenti di parole. Il calcio vive giorno per giorno. Il suo pregio maggiore è la puntualità. Vince chi arriva al punto giusto con il piglio giusto. Chi cerca invece rifugio nelle catacombe, aspettando rassegnato tempi migliori, è perduto. Che la squadra andasse progressivamente spegnendosi, perdendo vitalità, lo stavamo scrivendo da qualche tempo. Se ne erano accorti anche Spalletti e Ranieri. Che i giocatori non avessero più fiducia neppure in se stessi, ce ne siamo accorti in queste ultime, improvvisate uscite della stagione, quando Totti ha dato fondo alla benzina che gli era rimasta nel serbatoio.
Si è sempre invocato l'orgoglio di squadra e di gruppo e invece sarebbe forse bastato fare appello all'orgoglio di ciascun giocatore; è stato per mesi bandito il pessimismo e adesso bisogna invece lasciarlo libero di esplorare ogni angolo della squadra e della società; si è confusa la realtà con le belle speranze, le intenzioni con i fatti, i sentimentalismi con i sentimenti e via di questo passo. Risultato: la profonda crisi di oggi. A conti fatti, una Roma da rifare. Non è nostra intenzione consolare i lettori con l'apologo della volpe e l'uva, ma a questo punto niente ci sarebbe parso più sbagliato che riparare un paio di falle per improvvisare una squadra da Champions. Ci sembra che sia arrivata invece l'occasione giusta per disegnare un nuovo progetto di gioco, affidandone la realizzazione ad un architetto di vaglia. Attenzione però con i programmi! Se cominciamo a far programmi e a volerli realizzare la mattina dopo, risaremo da capo. I programmi ambiziosi (speriamo che ci siano), vanno studiati con calma.
Lasciamo a questa convalescenza giallorossa un minimo di respiro, ma sulla traccia di una lucida e consapevole organizzazione. Ho letto un messaggio, redatto dai tifosi e indirizzato ai nuovi dirigenti, perché tengano presente che la nuova squadra «deve piacere alla gente » . Che stupida pregiudiziale! Ormai l'esperienza ci dovrebbe insegnare che anche il tifo ha la sua perniciosa retorica e che nel costruire una squadra il vero dirigente non deve arruffianarsi nessuno, ma usare solo la logica dell'utile calcistico e, se possibile, quella dell'utile economico. Si porti Maometto alla montagna e non la montagna a Maometto. Se Dino Viola avesse pensato solo a far contenti i tifosi avrebbe acquistato Zico e non Falcao. Le grandi squadre premiano chi non ha paura di guardarsi allo specchio e di notare anche i propri difetti. Ci vuole una passione enorme ma sapiente per costruire una squadra, per accettarla e sostenerla durante la sua formazione. E' la prova a cui tutti, dirigenti e tifosi, sono adesso chiamati.
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