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Roma choc Luis al buio Il Cagliari sfrutta tutti gli errori 2°k.o. per Enrique

(Gazzetta dello Sport-R.Palombo) La Roma ispanoamericana stecca la prima, che poi è la seconda calcolando come sono andate le cose in Europa League. Non è una tragedia questa sconfitta interna col Cagliari,

Redazione

(Gazzetta dello Sport-R.Palombo) La Roma ispanoamericana stecca la prima, che poi è la seconda calcolando come sono andate le cose in Europa League. Non è una tragedia questa sconfitta interna col Cagliari,

tanto che i quarantamila spettatori dell'Olimpico, in un pomeriggio di caldo torrido, lasciano lo stadio senza mugugnare più di tanto. I fischi sono (per ora) riservati al solo Daniele Conti, figliuolo per niente prodigo del vecchio Bruno, che per la quinta volta in carriera trafigge la «sua» Roma, ed è il gol che spacca e decide la partita a metà del secondo tempo, che quelli di El Kebir e De Rossi arriveranno negli ultimi due minuti di recupero. Come a dire che c'è poco da recriminare, Luis Enrique ha ancora tempo davanti a sé, ma non durerà all'infinito.

Agazzi super Se il portiere del Cagliari è alla fine il migliore in campo, vuol dire che la Roma ha il suo piccolo alibi cui aggrapparsi. Le parate su Angel, Pjanic e due volte Osvaldo nel primo tempo, quella davvero miracolosa su Borriello poco prima del gol di Conti, testimoniano di una Roma che ci ha provato, molto col possesso palla, molto meno con le conclusioni, e che avrebbe comunque meritato il pari. Ma sarebbe miope fermarsi a questa constatazione: il Cagliari di Ficcadenti è quasi lo stesso della passata stagione, l'unica novità è l'attaccante Thiago Ribeiro, e nuovi, e puntualmente stranieri, sono i subentrati Ibarbo, Rui Sampaio e El Kabir (autore di un 2-0 non banale). Ergo, si tratta di una squadra che col suo apparente 4-3-3 e grazie alla duttilità di Cossu sa da tempo come si fa e di che cosa si tratta. Tutto il contrario della Roma.

Scuola elementare Siamo alle aste, in casa giallorossa. Luis Enrique è imbevuto di Barça e, temiamo ma si vedrà, di una dose eccessiva di presunzione: il suo 4-3-3 prevede la capacità dei difensori esterni di salire insieme ed essere mediani e ali, il centrocampista basso deve fare il playmaker e quando serve anche il libero di una difesa che spesso diventa a tre, mentre i tre attaccanti (avete presente Messi, Villa e Pedro?) devono saper fare tutto e meglio di tutti. Il problema è che la Roma non è il Barça e se De Rossi si sa rendere subito interprete del suo nuovo ruolo double-face, il resto non funziona. A cominciare dai terzini Rosi (trovata del mister che chissà perché lo preferisce a Cassetti) e Angel, anche se la sua è una storia a parte. Per finire con gli attaccanti: Bojan non la becca mai e Osvaldo fa rimpiangere il Vucinic dei giorni meno felici. Luis Enrique finirà col sostituire prima l'uno e poi l'altro con Borriello (quasi gol) e Borini (gol giustamente annullato). Meglio loro. Due note a margine: 1) lo schema allontana Totti (insufficiente) dalla porta di almeno 20 metri: fino a 7-8 anni fa si poteva fare, oggi no; 2) Heinze e Pjanic, nemmeno un minuto fin qui, disputano l'intera partita e con De Rossi rappresentano le note più positive, al contrario di molti dei giocatori provenienti dal campionato spagnolo (imbarazzante l'ultimo quarto d'ora di Gago). Vuol dire qualcosa?

Angel storyAutentico e buon interprete del Luis Enrique pensiero fino a quando su un cross senza pretese di Agostini non scodella sui piedi di Conti l'assist fatale. Un minuto dopo, travolto dai sensi di colpa, molla un calcione micidiale a Biondini, che Gava traduce in un rosso crudele e forse eccessivo. La sconfitta della Roma passa pure per gli ultimi 25' in inferiorità numerica.