rassegna stampa roma

Roma, che bello averti al mondo!

(Il Romanista – T.Cagnucci) Cosa resterà di questo ritiro Anni 80? Tan-credi! Tan-cre-di! Tan-cre-di! Tancredi con gli ultrà che gli danno la maglia col fulmine. E lo striscione scritto rosso su sfondo bianco: “Bentornato a casa,...

Redazione

(Il Romanista - T.Cagnucci) Cosa resterà di questo ritiro Anni 80? Tan-credi! Tan-cre-di! Tan-cre-di! Tancredi con gli ultrà che gli danno la maglia col fulmine. E lo striscione scritto rosso su sfondo bianco: "Bentornato a casa, Franco".

Le parole di un altro Franco sull’insostenibile leggerezza dell’essere Francesco Totti che però la legge la Repubblica. La barba lunga che non è sintomatica di nessuna frustrazione di De Rossi. La voglia di De Rossi. Il rinnovo di De Rossi. L’offerta al ribasso. No, al rialzo. Un’asta a Brunico per ricomprarsi la maglia. Per ora da solo. Un gioco. Quello di Luis Enrique che sono mille giochi: acchiapparella, nascondino, giro-girotondo, calcio-tennis, calcio-basket che non esiste, pallamano che è palla avvelenata. Il calcio di Luis Enrique. Che cosa resterà di questo ritiro se questo è stato soprattutto il ritiro di Luis Enrique? Una promessa di rivoluzione. Bambini che giocano a pallone. Diciassettenne titolari. Diciannovenni comprati per decine di milioni. La Primavera della Roma. La pesca di Pigliacelli. Viviani che sembra grande grande.

Tutto il resto è Bojan. Sacchi, che è stato per questo sport – purtroppo o per fortuna eravamo catenacciari italiani – un avanti e un dopo Cristo, che arriva e incorona Luis Enrique. Gli parla di non aver paura del nuovo, di eversione, non riferendosi soltanto al mondo del pallone. Sì, è qui che si fa la rivoluzione. Politica: è la ricerca della felicità, l’emendamento che sta alla base della carta dei diritti e dell’uomo. Lincoln era asturiano. Sacchi che a Luis Enrique gli dice: "Benvenuto all’Inferno!". E lui, Luis sorride. E’ il suo paradiso. Angel. A Brunico. "Mille giorni di te e di me" cantati dallo staff. E sembra una promessa. "Roma Roma" è invece l’inno e Luis Enrique lo fa tornare un inno. La neve su Plan de Corones (o come se chiama). Il sole, la pioggia e il sole nella pioggia. I viaggi dei fratelli Della Zonca, uno dal Lussemburgo e l’altro da Londra, e si rivedono solo per la Roma. La cena in baita della squadra. La squadra. La Roma. Eeeeh oooooh forza magica Roma. Luigino Ghizzoni che di Ghizzoni Ghizzoni è il cugino. L’I-pad in campo. Gli occhiali scuri. L’erba bassa, la palla mai alta. Heinze centrale. Menez che se ne va nel modo come giocava: senza farsi accorgere. Adieu. Gli americani che se ne vanno. Anzi no tornano. La banca che fa il comunicato. Gli americani che se ne rivanno. No tornano. Non se ne sono mai andati. Welcome. Arriva Sabatini e si compra le sigarette in conferenza. Un po’ di fumo. Va via. Vanno via tutti mentre arriva pure Stekelenburg. Va via la gente. I tifosi. E lasciano uno striscione nella tribunetta vuota di Riscone: "Roma che bello averti al mondo". Ecco che resta: l’amore per la Roma. Ciò che non andrà mai via.