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(Il Romanista – T.Cagnucci) A volte il calcio rassomiglia veramente alla vita che sa sorprenderti quando ti senti rassegnato.

Redazione

(Il Romanista - T.Cagnucci) A volte il calcio rassomiglia veramente alla vita che sa sorprenderti quando ti senti rassegnato.

Ieri Roma-Chievo sarebbe dovuta essere soltanto la partita dell’aggancio-sorpasso di Totti a Baggio. Non c’erano altri motivi, nemmeno a raschiare il fondo delle statistiche, delle ricorrenze, dei santi. Poi a mezzogiorno e mezza ancora di meno (a quando una partitina alle 3 di notte, magari vietata ai residenti fra la Nomentana e l’Appia con i biglietti acquistabili a targhe alterne?).

È il calcio moderno, bellezza. Tristezza. Per fortuna che il calcio ogni tanto vince. Che ancora sopravvive, come in una lotta fra l’umanità e matrix, fra gli umani e i replicanti della Lega. Per fortuna che c’è Totti. È un bellissimo apparente paradosso quello che è capitato: sarebbe dovuta essere la sua partita per i gol da fare e invece è diventata sua proprio giocandola senza mai pensare al fatto di dover segnare. Più che se avesse fatto tre gol, è diventata la partita di Francesco Totti.

È stata la cosa più bella di ieri. Più bella di Biava, più di Di Canio che si confessa romanista, più della notizia della conferma di Reja (si va per 7), e persino più delle dichiarazioni di Lotito che dopo "a colpa è der laser" ieri giustamente ha sentenziato che "a colpa è der campo". Chi è grande non segue mai la grandezza degli altri, il più delle volte nemmeno conosce la propria, ed è quella la vera forza. Ieri Totti ha giocato letteralmente a pallone. Con nonchalance, naturalezza, impegno, corsa, sudore, con gesti bianchi da tennis ma anche con voglia da oratorio. Un concentrato di vecchi valori che sanno di scarpini e stadi pieni. Domenica da fettuccina. Ha fatto due lanci Anni 80, quando la differenza la faceva soltanto il rapporto cuoio-piede e non quella muscoli- ematocrito. E ha sempre giocato per la Roma. Soltanto per la Roma. Che bella espressione, giocare per la Roma.

Ieri Totti l’ha fatta cantare. L’ha fatto fisicamente vedere cosa significhi giocare per la Roma. La cosa grande è che lo ha fatto nella partita in cui persino da tutti gli altri gli veniva richiesto di pensare a se stesso e basta. Come se sapesse che poi la Lazio avrebbe perso, che pure l’Udinese avrebbe perso, che ancora si può arrivare quarti, e vincere a San Siro per la Coppa Italia, che ancora si può sognare. Che si deve farlo. A volte il calcio rassomiglia alla vita che sa sorprenderti quando ti senti rassegnato: domani è 25 aprile, domani un anno fa in un Roma-Samp, piangevamo lacrime amare, stamattina siamo più felici di quella sera da vendicare. Sembra assurdo, come è assurdo pensare che per Roma-Chievo c’erano meno romanisti che a Chievo-Roma. Era sempre un anno fa. E’ sempre il calcio che rassomiglia alla vita.

Come passa il tempo. Come cambiano le cose. Ieri è successo persino che i laziali ai gol di Snejider e Eto’o non hanno esultato. In questo giorno di festa qualcuno pio lo spieghi a Biava che pensava ancora di doversi scansare. Tanti auguri. Contro il Chievo torniamo a giocare bene e vinciamo con un gol di Perrotta. Totti enorme, applausi anche per Menez e Vucinic. Ma le belle notizie non finiscono qui: la Lazio perde a San Siro, l’Udinese in casa col Parma, siamo di nuovo in corsa per la Champions. Burdisso ci crede: «Ce la possiamo fare». Montella: «Da qui alla fine vinciamole tutte». Il capitano e De Rossi in coro: «Vincenzo merita la conferma»