(Il Romanista - R.Fidenzi) «Sono stato molto contento per i ragazzi, per la società e per i tifosi che hanno visto che possiamo vincere. Il risultato è stato giusto».
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“Vincere in qualsiasi stadio”
(Il Romanista – R.Fidenzi) «Sono stato molto contento per i ragazzi, per la società e per i tifosi che hanno visto che possiamo vincere. Il risultato è stato giusto».
Luis Enrique ieri ha concesso un’intervista esclusiva a Roma Channel, che festeggia undici anni di attività. Il tecnico è reduce dalla trasferta di Parma e al Tardini i suoi hanno messo in cascina l’intera posta in palio. La prima vittoria, insomma, è finalmente arrivata e Lucho non nasconde la sua soddisfazione. «Non c’è dubbio che dopo il gol ci siamo sciolti, è quasi come quando uno inzia a guidare la macchina, che prima guarda come mettere le marce e poi, dopo un po’, inizia a farlo senza pensarci - spiega -. Per noi è lo stesso: vogliamo fare la partita sempre, in ogni stadio, e questo non è facile. Soprattutto se il resto della squadra avversaria si copre e difende con tanti uomini dietro la linea del pallone. Stiamo percorrendo la strada giusta, mancano ancora i risultati, lo so, ma spero che la vittoria contro il Parma ci serva per guadagnare fiducia e affrontare il match di sabato prossimo all’Olimpico in ottime condizioni».
Nel corso dell’intervista Luis Enrique ha potuto vedere gli ultimi 30 secondi della partita di domenica scorsa. I frutti del lavoro svolto - gli fa notare l’intervistatore - cominciano a maturare perché tutta la squadra si è impegnata in questo senso: «Grazie, ma è quello che fanno tutti gli allenatori: si impegnano a far sì che i calciatori li seguano - dice il tecnico -. E’ bellissimo vincere, perché mandi un segnale positivo alla squadra. Ma questa squarda è diversa: ha fame e voglia di vincere. Sono contento di lavorare con loro, speriamo che arrivino altri risultati e che la fiducia cresca sempre di più. Io sono sicurissimo di cosa dobbiamo fare per crescere - prosegue Luis Enrique -, ma in questo sport, che non è una scienza, a volte il lavoro non porta ai risultati e in questo caso è normale che ci sia tensione. Questo è comune a tutto il calcio e in particolar modo a quello italiano, molto legato al bisogno di fare risultato. Noi siamo sulla strada giusta per fare una cosa un po’ diversa: giochiamo a calcio, lavoriamo per avere in mano la partita e vincere in qualsiasi stadio».
Ma il tecnico asturiano tiene a vincere o a non rinunciare alla sua filosofia? «Il mio italiano è brutto e a volte non mi si capisce - spiega umilmente l’allenatore della Roma -. Noi dobbiamo vincere, punto. Pensiamo che se giochiamo controllando la partita faremo più vittorie che sconfitte. Non pensiamo adare solo lo spettacolo, ma ad essere superiori all’avversario. Noi vogliamo vincere». Più chiaro di così... Si passa poi all’argomento Totti, il festeggiato di giornata: «Tanti auguri, sia a lui che a Roma Channel! Francesco è l’esempio di quel che volevo fare: è un calciatore che seguono tutti i compagni e per noi è importantissimo, è il capitano, come poi lo sono anche Daniele De Rossi e Simone Perrotta», dice Luis Enrique, che viene interrogato anche sulla sintonia che sta maturando tra il capitano e Pjanic: «C’è una relazione tra tutti i calciatori, ma è normale che quelli con maggiore fantasia si cerchino di più. Noi cerchiamo di essere squadra, sia quando attacchiamo ce quando difendiamo. Credo si inizi a vedere qualcosa e sono ottimista».
Il tecnico guarda le immagini di Parma e commenta: «Vedi? Sono 8-9 avversari dietro la palla, così non sarà mai facile. Noi cerchiamo di risolvere questa situazione col possesso palla, che non sia sterile. A volte non è facile, chiedo un po’ di pazienza, soprattutto all’Olimpico: i calciatori devono capire bene tutto quello che devono fare. Non chiedo pazienza per me, ma per i calciatori, che alla fine arriveranno a fare quelloquello che vogliamo». Una pazienza che spesso in Italia manca: «Eh anche in Spagna - avverte -, da noi a volte si esonera prima della terza giornata! D’altronde se tutti fossero fermi gli altri che ci sarebbero a fare? Un po’ di cambio fa bene, ma uno non può andare via dopo due tre settimane. Attenzione, non parlo di me. Un club deve informarsi sull’allenatore, cosa fa e se gli può piacere. E deve aiutarlo se i risultati non arrivano, così credo sia una situazione un po’ più seria. Comunque conosco il calcio e tutti gli allenatori sanno come vanno le cose». La clip riassuntiva della sfida del Tardini fa sospirare Luis Enrique quando scorrono le immagini del palo di Totti. Ma è acqua passata, i tre punti sono in archivio.
Sabato, piuttosto, arriva un’Atalanta virtualmente capolista: «Sì, non è facile partire a meno sei. Ora hanno fatto 3 vittorie e un pareggio. Questo risultato col Parma però ci rinforza e pensiamo a fare la nostra partita all’Olimpico, che è casa nostra. Dobbiamo essere forti - attacca il tecnico della Roma - , fare una vera partita e meritare una vittoria. Cerchiamo di fare vedere il nostro impegno ai tifosi, che sono sempre con noi». Fino ad ora nessuna squadra ha impressionato l’ex allenatore del Barcellona B: «No, ancora no. Non ho visto nessuno squadrone e credo ci sia sostanziale parità, la classifica dice così. Tutte le squadre italiane hanno giocatori di grande qualità, fanno molto bene il contropiede e i calci piazzati. Sono tutte pericolose e per questo qualsiasi squadra ti può mettere in difficoltà ». Per sabato recuperiamo qualche giocatore? «Speriamo! Juan sta lavorando bene, ha una situazione particolare perché è stato tanto tempo senza allenarsi. Anche Stekelenburg, Gago, Greco e Lamela… La squadra è fatta da 26 giocatori più 3 portieri. Ci servono tutti per andare avanti oltre ogni problema», dice.
L’intervista termina con una domanda sull’attaccante del momento, Pablo Osvaldo. Anche lui potrebbe aver cambiato atteggiamento dopo essersi sbloccato? «La testa è il 100% del calciatore, se non funziona non è possibile giocare. Dobbiamo dimenticare quanto è costato il giocatore e ricordare che siamo una squadra che lavora verso un obiettivo. Sono contento per Osvaldo, perché lui è bravissimo, ma anche per Bojan, Borini, Borriello, Lamela e Francesco. Per tutti i giocatori che hanno bisogno del gol: hanno bisogno di fiducia e di sentirsi importanti. E quando arrivano i risultati - conclude il tecnico - tutto è più facile».
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