rassegna stampa roma

“Uniti per vincere”

(Il Messaggero-U.Trani) «Il marito è sempre l’ultimo a sapere certe cose». Claudio Ranieri, bisogna riconoscerlo, resta se stesso. Anche a distanza di anni, in questo caso due. Usò la stessa risposta quando gli chiesero di Ferrara, suo...

Redazione

(Il Messaggero-U.Trani) «Il marito è sempre l’ultimo a sapere certe cose». Claudio Ranieri, bisogna riconoscerlo, resta se stesso. Anche a distanza di anni, in questo caso due. Usò la stessa risposta quando gli chiesero di Ferrara, suo possibile e giovane sostituto sulla panchina della Juve. Stavolta gli basta sentire nominare Montella,

allenatore dei Giovanissimi giallorossi, per tirar fuori l’identico concetto.

C’è Roma-Shakhtar Donetsk, stasera all’Olimpico alle ore 20,45, gara d’andata degli ottavi di finale di Champions. Non può essere un dettaglio, perché la qualificazione vale 10 milioni di euro che fanno comodo a qualsiasi club per vivere meglio nel grande calcio, figuratevi per questa società indebitata che UniCredit sta cedendo al gruppo statunitense di Tom DiBenedetto. Ma si parla poco della sfida contro i più bravi e ricchi di Ucraina, perché tiene banco il futuro del tecnico, appeso al passaggio del turno e non c’è nemmeno da chiedersi perché. Basta dare un’occhiata alla classifica in campionato: giallorossi ottavi, Milan quasi imprendibile 13 punti avanti e zona Champions a rischio.

«Non molliamo. Nè io, nè i giocatori». Ranieri timidamente sventola la bandiera dell’unità di intenti. Non può far altro, perché la sua posizione è ormai fragile. Da martello a incudine, in pochissimi mesi. Deve chiedere aiuto al gruppo che, lo sa bene, non ha mai giocato contro di lui. Il problema è che la Roma, in assoluto, non gioca, lasciando il divertimento alle altre squadre. Grandi e piccole, belle e brutte, di ogni categoria e nazione. L’allenatore per uscire da una crisi grande così può solo sperare che, per una notte e magari in altre gare da qui sino alla fine della stagione, i singoli siano decisivi. Per essere superiori agli avversari. Per vincere. E’ la unica strada. Per salvare il posto e l’annata.

Le sue dichiarazioni, in attesa dello Shakhtar, sono di una debolezza inaudita. Senza scomodare l’autogestione o senza farlo passare per delegittimato (dal club), il quadro di Trigoria è comunque triste. Così Ranieri si affida ai giocatori, per primi quelli con cui il rapporto è logoro da tempo: Totti, alla cinquantesima gara di Champions, Vucinic, Menez, Perrotta, De Rossi e Doni (novità: non è più terzo), alcuni tra quelli finiti nella lista dei 19 convocati, dove c’è Pettinari e non Pizarro (il cileno, secondo il tecnico, starà fuori almeno altre tre gare: e per fortuna che non era un caso). Puntando sui calciatori (con alcuni ha avuto colloqui a quattr’occhi, ieri solo con Totti) e non sull’identità di squadra, cerca di andar loro incontro con un sistema di gioco più adatto: sarà 4-3-3, con Totti centravanti e Menez e Vucinic larghi, in fase offensiva 4-2-3-1, con Perrotta a fare l’incursore dietro il capitano, perché è l’unico assetto con cui possono recitare, si spera bene, a memoria. Segue, insomma, l’input della Sensi. Che convoca i giocatori e non lui. Che ci rimane male ma non lo dice. Anzi approva: «Ha fatto bene a parlare con i quattro capitani, con me non serviva, essendo grande la sua stima nei miei confronti».

Sullo Shakhtar, mani avanti. Non si sa mai: «Qualcuno la considera avversaria facile, ma vedrete che si ricrederà». Lo Shakhtar è primo con 12 punti di vantaggio e con Lucescu, conosciuto da noi grazie a Pisa, Brescia, Inter e Reggiana, ha un tecnico vincente che con il club di Donetsk ha alzato nel 2009 la Coppa Uefa. Ma non gioca una partita ufficiale dall’8 dicembre (il campionato in Ucraina riparte il 3 marzo). «Io lo sapevo. L’avevo detto. Avevo avvertito la squadra e avevo spiegato le cose ai media per farle arrivare ai giocatori». Ripeterà più volte che aveva previsto tutto. Che «l’annata sarebbe stata delicata per il cambio di proprietà». Che «all’allenatore non è stato rinnovato il contratto: normale che tutte queste questioni influiscano». L’aggravante è qui: avrebbe dovuto intervenire e parare il colpo, proprio perché l’annunciato pessimismo era tutto suo, da inizio stagione. «Lo avevo detto già in estate». Subito dopo, però, garantisce: «Ma nessuno di noi vuole alibi» è la grande contraddizione del suo pensiero ad alta voce. Un giorno capiremo perché la Roma stenta e fa cilecca. «Siamo sereni tra noi, io e i giocatori. Gli ho pure chiesto una volta: “Se sono io il problema, me ne vado”». Lo fece nell’intervallo della gara persa all’Olimpico il 19 ottobre. «Vero, Philippe?», chiede a Mexes in grande imbarazzo. «Il resto è gossip romano». Come prima c’era quello torinese. «E ognuno sponsorizza i suoi tecnici: Guardiola, Montella, Franceschino e Antonello». Non sono nomi a caso. Nemmeno quelli di battesimo. Amici e i soliti nemici.