rassegna stampa roma

Quel pazzo venerdì vissuto tutto in prima fila

(Gazzetta dello Sport – A.Catapano) Fuori, all’incrocio tra Franklin e Federal street, il wind chill ci tagliava la faccia e piegava le mani. Nemmeno la compagnia di una sigaretta— fumare è diventato disdicevole negli Stati Uniti,...

Redazione

(Gazzetta dello Sport - A.Catapano) Fuori, all’incrocio tra Franklin e Federal street, il wind chill ci tagliava la faccia e piegava le mani. Nemmeno la compagnia di una sigaretta— fumare è diventato disdicevole negli Stati Uniti, vietato anche all’aperto, se in un raggio di trenta piedi dal portone di un palazzo.

Aspettare fuori, guardare svegliarsi e andare in ufficio questa città ad andamento lento, così poco americana, è stato illuminante, ma un calvario, e un crescendo di tensione. Dentro, al 34 ° piano di uno dei grattacieli di Boston — più umani dei dinosauri newyorchesi, eppure il panorama sulla baia è mozzafiato —, nel poderoso studio Bingham si faceva la storia dell’As Roma.

Sopra di noi Perché c’è stato un prima e un dopo, un’attesa di sette mesi, lacerante nelle giornate conclusive, e un day after dolce e rilassato, ma c’è stato soprattutto quel giorno, che giorno, venerdì 15 aprile, che sembrava non finire mai, tirato per il collo fino a sera, ma in Italia era notte fonda e i giornali aspettavano solo la Roma per andare in stampa. Allora, bloccati a terra, pieni di caffeina di Starbucks e nicotina di straforo, potevamo solo immaginare cosa stava accadendo sopra di noi, all’ultimo piano del palazzo. Tre sale occupate, quattro studi legali a capo chino da giorni su centinaia di documenti, un via vai di acqua minerale (in bottiglie vintage di quelle in vetro con il tappo in gomma) e bibitoni di caffè americano. Contratti che partivano e tornavano, allegati rimasti in bianco per mancanza di tempo.

In prima fila Ecco, mentre sotto si imprecava per l’attesa, sopra si scriveva guardando le lancette. La conferenza stampa notturna — «The deal has done» , ha annunciato Thomas DiBenedetto —, l’incontro illuminante con James Pallotta («I’m italian, pure italian...» ), i volti tirati dei banchieri, forse perfino le firme conclusive (con penne della Roma, lo sapevate?), bè tutto ci è sembrato avvenire in simultanea. E questo, se ha rischiato di travolgerci, ha finito invece per coinvolgerci, facendoci sentire protagonisti, pure noi, della trattativa, o almeno testimoni di un momento storico, indimenticabile, cui abbiamo assistito in prima fila. E dopo, con quel mix di stanchezza ed eccitazione, tutti a cena da Pallotta.