(Il Romanista - C.Fotìa) Quattro partite in cui si decide il presente di questa stagione e da quali basi può ripartire il futuro: Parma, Lecce, Shakthar, Lazio.
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Quattro partite della vita
(Il Romanista – C.Fotìa) Quattro partite in cui si decide il presente di questa stagione e da quali basi può ripartire il futuro: Parma, Lecce, Shakthar, Lazio.
Alla fine di questo percorso di guerra sapremo se la Roma ha salvato una stagione che ha compromesso con le sue stesse mani, per le incertezze societarie, per le lotte di potere dentro Trigoria, per l’anarchia di uno spogliatoio che ha macinato un galantuomo come Claudio Ranieri.
Quattro partite per capire se quella di Bologna è stata solo una parentesi o se questa squadra, affidata alle cure di Vincenzino Montella Olè, si è ritrovata davvero nel gioco, nello spirito, nella coesione. E se così potrà ritrovare i suoi tifosi che oggi la osservano con un misto di scetticismo e di speranza.
Lo scetticismo è del tutto motivato, perché quando vedi Pizarro entrare in campo e giocare da quel grandissimo calciatore che è, come se non fosse fermo da tre mesi; quando vedi Vucinic dannarsi su ogni pallone, il dubbio che avrebbero potuto farlo anche prima ti fa schiumare di rabbia.
Ma nel cuore dei romanisti la speranza non muore mai, e quella speranza ha, come sempre, un nome e un’immagine: quella di Francesco Totti in panchina che canta «Vincenzino Montella Olè», che entra in campo e dimostra, ancora una volta, come tutte le volte che è stato chiamato in campo, di dare tutto quel che ha. Che è ancora tantissimo. Totti (altro che padrone dello spogliatoio, come dicono gli ignoranti e i soloni incipriati) sa accettare la panchina, ma quando entra in campo dimostra che questa Roma da lui non può prescindere. Dunque se Montella, come secondo noi sarebbe logico, non ne prescinderà, non sarà per soggezione, ma perché lui, come ha scritto ieri in un bellissimo articolo su Il Foglio Beppe Di Corrado :«Combatterà, lotterà, s’arrabbierà, segnerà.
Farà Totti, sarà Totti, cioè Roma e La Roma, il capitano di una squadra e anche di un’era ». Una squadra, un’era, una città che sono alla vigilia di un cambiamento che può essere epocale e che solo una sorta di follia collettiva potrebbe affossare. Questo è invece il momento di mettere tutto il meglio di noi e abbandonare tutto il peggio. Di mettere tutta la nostra furibonda passione a far da contrappeso agli errori dei singoli, alle logiche di clan, a quello schizofrenico mix di esaltazione e depressione che è il difetto principale di noi tifosi romanisti.
Non di qualcuno in particolare, sia chiaro, ma di tutti noi e mi ci metto io per primo. Possiamo essere uniti, per perseguire quello che fin dal primo momento ho indicato come la bussola che avrebbe orientato il Romanista: «Il bene della Roma»? Ritrovare un po’ di serenità è il modo migliore per accompagnare la Roma nel poker di partite che valgono una stagione e un pezzo di futuro. Ci sono un nuovo allenatore e una nuova gerarchia dentro Trigoria. Ci auguriamo che ciò ponga fine al caos dei mesi scorsi. Ora esigiamo decisioni coerenti e ferme. Per poterle criticare o sostenere in piena libertà e autonomia.
Dalla squadra non accetteremo alibi, giustificazioni, mancanza d’impegno. Andatevi a riprendere il posto che ci spetta e ricordatevi che l’ultima tappa di questo primo percorso decisivo cadrà quasi esattamente nove anni dopo - era il dieci marzo 2002 - lo storico cinque a uno alla Lazio segnato da un poker di Vincenzino Montella Olè. Quattro goal, come le quattro partite della vita che ci attendono.
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