(Il Romanista - M.Izzi) - La prima, grande, rifondazione romanista porta la data del 20 giugno 1949.
rassegna stampa roma
Quando Viola vinse cambiando…tutto
(Il Romanista – M.Izzi) – La prima, grande, rifondazione romanista porta la data del 20 giugno 1949.
Quel giorno, si registrò nella storia sociale del club, l’addio del presidente uscente Baldassarre e l’avvento del Senatore Piercarlo Restagno, affiancato da un consiglio nuovo di zecca in cui sedevano, tra gli altri, Piero e Giorgio Crostarosa, Renato Sacerdoti e Gaetano Zappalà. Il 13 luglio Renato Sacerdoti e Piero Crostarosa furono nominati Vice presidenti e contestualmente venne annunciato il nome del nuovo tecnico, Fulvio Bernardini (che oggi fa tanto rima con Carlo Ancelotti). Fulvio tenne accanto a sé il grande Cerretti e chiamò come suo vice Renato Bodini, altra indimenticata bandiera della Roma testaccina e “frantumò” letteralmente i quadri della prima squadra. “Fuffo” autorizzò l’ingaggio di Aranjelovich, Bacci, Baldieri, Benedetti, Augusto Bernardini, Cardarelli, Colognesi, D’Angelo, De Carolis, Fabbri, Gambini. Lucchesi, Malaspina, Marra, Merlin, Morabito, Nicoletti, Redeghieri, Spartano, Stocco, Taccola, Tre Re, Zecca. Vennero invece congedati Di Paola, Eadu, Frasi, Lin, Losi, Maide, Palmieri, Paolini, Puppo, Zsengeller. In confronto la rivoluzione francese sembra un’operazione gattopardesca. A questa svolta non mancava né il coraggio, né le stimmati della vittoria, ma ahinoi, mancava la progettualità. Bernardini chiese tre anni di tempo per lavorare e per ragioni che sarebbe troppo lungo spiegare, questo tempo non gli venne concesso. La capacità di aspettare non mancava invece a Dino Viola che nel maggio del 1979, si avviava ad operare quella svolta che di fatto apre la storia contemporanea della Roma. Prima dell’avvento alla presidenza di Viola un terzo posto era considerato un trionfo, dopo di lui, un secondo posto è salutato come una delusione. La trattativa tra Anzalone e l’ingegner Viola fu estenuante. Nel maggio del 1978 era tutto fatto, ma poi, accadde qualcosa che fece slittare di 12 mesi la negoziazione. Appena insediatosi, Viola ebbe l’impulso irrefrenabile di chiudere definitivamente con il passato. Preso il nuovo allenatore Liedholm, iniziò a scandagliare il mercato strappando a Inter e Juventus il talento emergente del calcio italiano: Carlo Ancelotti (ancora e sempre lui ……). Nella foga Viola cercò di liquidare anche Trigoria («un buco nero per il Bilancio») e il Lupetto che Gratton aveva realizzato come nuovo logo del Club appena un anno prima. Gli integralismi furono poi, faticosamente abbandonati, ma la più grande trasformazione imposta dal futuro presidente del secondo scudetto fu una nuova filosofia nel lavoro quotidiano, che divenne ossessivo, martellante, per tutti i dipendenti. Quando Fernando Fabbri, scelto come accompagnatore della prima squadra, intimidito, gli disse che non sapeva se sarebbe stato all’altezza, Viola, impassibile rispose: «Non si preoccupi, se non lo sarà, la sostituirò». Robespierre in confronto era un dilettante …. Al primo colpo arrivò la Coppa Italia …. poi tutto il resto.
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