rassegna stampa roma

“Per regalo voglio una grande Roma”

(Corriere dello Sport ) – Amadei, la paura fa no­vanta. Ma i 90 fanno pau­ra? «No, nessuna paura. E’ fan­tastico arrivare a quest’età. E di quello che sarà non mi importa niente. Sono invece molto felice di avere co­struito una...

Redazione

(Corriere dello Sport ) - Amadei, la paura fa no­vanta. Ma i 90 fanno pau­ra? «No, nessuna paura. E’ fan­tastico arrivare a quest’età. E di quello che sarà non mi importa niente. Sono invece molto felice di avere co­struito una bella famiglia, libera dai problemi econo­mici ».

Cosa si vorrebbe regalare per questo 26 luglio così speciale?«Rispondo sinceramente: vorrei una grande Roma».D’accordo, ma un regalo ideale per Amedeo Amadei quale sarebbe?«Ripeto: una grande Roma, che faccia sentire fiera la sua gente, che possa compe­tere con le altre squadre al­la pari, che sappia dare fa­stidio ». A quanto pare non ha perso nulla della sua passione di tifoso.«La Roma mi rimane nel cuore, certe cose non cam­biano con il passare degli anni. Per me è un privilegio avere indossato quella ma­glia. E sono contento di sbandierare la mia romani­tà ».Le piace il progetto ameri­cano che sta (faticosamen­te) prendendo forma?«Non mi pronuncio perché non ho visto la prova del campo, l’unica che conta. Gli americani mi piaceranno quando avranno rinforzato la squadra».Sembra scettico. «No, sto solo aspettando le partite per esprimere un giudizio. Sono andati via giocatori come Mexes e Menez, ora mi auguro che rimanga Vucinic. Lui è tan­ta robba, non lo venderei mai. I nuovi calciatori de­vono dimostrare di essere all’altezza di chi è ora in or­ganico ». Luis Enrique ha già conqui­stato l’entusiasmo dei tifosi. «E’ molto sicuro di sé. Spe­riamo che i calciatori che ha scelto rendano secondo le sue aspettative».Intanto tra Baldini e Totti sono nati dei problemi.«Per me Totti è una garan­zia, anche a 35 anni. Finché non ci saranno altri campio­ni del suo calibro, Francesco non si discute. Stia tranquil­lo e si faccia valere come calciatore».Ormai si dice spesso: Totti è il miglior calciatore della storia della Roma. Lei, Amadei, che posto crede di meritare?«Non lo so, a queste classifi­che non ho mai dato peso. Però avendo seguito tanti decenni di calcio mi posso sbilanciare un po’: un gioca­tore come me potrebbe ave­re spazio in qualsiasi Roma della storia».Lo scudetto 1941/42, il pri­mo dei tre vinti dalla Roma, è il ricordo più bello della sua carriera?«Certamente, anche perché nessuno credeva potessimo vincerlo. Nemmeno noi gio­catori: ci convincemmo do­po una decina di partite che l’impresa era fattibile. E’ stato bravo Schaffer, l’alle­natore. Era un grande esperto di calcio». La sua immagine è legata alla Roma. Eppure Amadei ha giocato anche con Inter e Napoli e ha partecipato a un Mondiale con la Nazionale.«Non mi dà fastidio. La Ro­ma è la Roma. Ed è bello che anche i giovani sappiano quello che ho fatto qui. Mi sono reso conto di essere po­polare tra i ragazzi durante le celebrazioni per gli ottan­t’anni della società: quanti applausi!».Le vogliono bene anche al­trove però. Massimo Morat­ti ricorda commosso quel derby in cui una sua triplet­ta consentì all’Inter di ri­montare da 1-4 e di battere 6-5 il Milan.«Sono contento. Stimo Mo­ratti, come mi piaceva suo padre, anche se a volte dice cose che non condivido».Proprio il 26 luglio, cinque anni fa, Guido Rossi asse­gnava lo scudetto 2005/06 all’Inter. Giusto ora non re­vocarlo?«E’ una storia strana. Non so se abbia senso parlarne do­po tutti questi anni».Parlando di Nazionale, è ri­masto alla storia il viaggio interminabile in nave verso il Brasile per i Mondiali del 1950, un anno dopo la trage­dia di Superga. «Io sarei andato in aereo, ma decisero così. Fu un’espe­rienza sfortunata. Ma la sto­ria dei palloni finiti in mare è falsa: i palloni non c’erano proprio. Durante la crociera facemmo solo allenamenti atletici e un’amichevole alle Canarie. Pessima, peraltro». Una volta lì, fu il disastro. «C’erano troppe correnti al­l’interno della federazione. Ogni dirigente rappresenta­va un club. E a seconda di chi prevaleva, veniva scelta la formazione. Io giocai solo la partita con il Paraguay: la vincemmo 2-0».In compenso gli azzurri - si disse - se la spassarono con le donne brasiliane.«Rispondo con una battuta: qu

ando digiuni a lungo, in ritiro, una merendina ogni tanto ci sta bene... Ma qual­cuno seppe aspettare la fine del Mondiale per divertirsi».Amadei aspettò? (ride di gusto, mentre la fi­glia Maria Grazia lo incal­za) «Non rispondo». Non sarà mica stato un don­naiolo come Cassano? «Mah, lui parla... Invece io agivo. E ho avuto sempre si­gnorine di un certo livello accanto». (altra risata)

Ha qualche rimpianto, scru­tando il suo passato?«Nessuno. Ho cercato sem­pre di comportarmi bene con tutti. E mi vanto di aver superato tante difficoltà. Nel calcio mi squalificarono a vita per una cosa che non avevo fatto (in Coppa Italia contro il Torino il compagno Dagianti colpì un guardali­nee, ndi): le avevo prese e basta, punirono me. Poi però mi riabilitarono e continuai a fare gol. Inoltre ho saputo rialzarmi dopo i problemi della guerra. I bombarda­menti distrussero il mio for­no, riuscii a ricostruirlo con i miei guadagni: l’Inter nel 1948 mi diede 10 milioni di lire per due anni, che erano tanti all’epoca».Tantissimi. Ma non erano gli ingaggi del calcio di oggi.«No. E forse era meglio pri­ma, visto che oggi il pallone è dominato dal denaro. C’è meno passione per la ban­diera ». Il calcio adesso cosa rappre­senta per lei? «Un vecchio amore. Pensi: arrivo alla fine di ogni sta­gione lamentandomi, perché sono stufo di vedere partite. Ma dopo un mese mi man­cano... Cosa la diverte di più a 90 anni? «Giocare con i miei pronipo­ti. Filippo, che ha 6 anni, ha già l’impostazione da gioca­tore perché colpisce il pallo­ne in modo corretto. Non co­me tanti professionisti che calciano con il corpo indie­tro. Anche una femmina, Martina, che ora ha 23 anni, giocava benissimo: era bra­va, destro e sinistro, ma si è rotta un legamento del gi­nocchio e ha dovuto lasciar perdere. Peccato».Stasera festeggerà circon­dato dai suoi cari. Qual è il compleanno a cui è rimasto più legato?«Ricordo con piacere l’ot­tantesimo, con la festa in piazza a Frascati. Ma so che sarà questo, il numero 90, il migliore. Sorrido al pensiero che qualcuno sia sorpreso: “Ancora campa Amadei?”. Mi viene da rispondere: “Ma che volete, devo mori’?”».