(Il Messaggero - A.Angeloni) Sì, con quel mento sufficientemente pronunciato, Luis Enrique ricorda tanto Fabio Capello. Per i gesti, per la perentorietà delle sue parole, per certi princìpi calcistici che porta avanti, tipo «la formazione non la do ai giornalisti se prima non l’ho comunicata ai calciatori».
rassegna stampa roma
“Non sono un mago”
(Il Messaggero – A.Angeloni) Sì, con quel mento sufficientemente pronunciato, Luis Enrique ricorda tanto Fabio Capello. Per i gesti, per la perentorietà delle sue parole, per certi princìpi calcistici che porta avanti, tipo «la...
Giusto, e questo vale pure per le amichevoli, come quella di stasera a Budapest. Ma torniamo a Capello. L’attuale tecnico dell’Inghilterra, odiato o amato a Roma, comunque qui ha portato uno scudetto e per questo molti tifosi lo ricordano con un certo piacere. Luis Enrique, nella capitale da un mese, non sa nemmeno cosa sia uno scudetto, ad oggi non sa se la sua Roma andrà a braccetto con le grandi. «Non sono un mago, non ho la bacchetta magica, non prevedo il futuro, non sono Harry Potter. Non è detto che squadre con rose migliori, alla fine arrivino più avanti di altre. Io però non ho studiato le squadre della serie A, a che punto siano, abbiamo tanto lavoro da fare qui. All’inizio del campionato si vedrà chi avrà maggiori possibilità di vincere. Io sono impegnato nel creare una squadra competitiva, questo sì. La Roma è come un bambino che sta muovendo i primi passi, non sono le prime amichevoli che mi fanno cambiare pensiero, in questo senso non sarà indicativo il risultato di Budapest. Mi piace l’atteggiamento, la predisposizione dei ragazzi. Sicuramente cadremo, ma l’importante sarà rialzarsi. E’ un cammino lungo e tortuoso, ma per me sarà una meravigliosa avventura», le parole di Luis.
Somiglia a Capello, ma la citazione di Harry Potter è la stessa del primo Mourinho interista. Il mago di Setubal portò lo scudetto a Milano, ma quella squadra era nettamente la più forte, la Roma di Luis forse lo diventerà, ora è ancora incompleta. «Sì, al momento manca qualche giocatore, non saprei dire quanti, ma sicuramente qualcosa andrà fatto per completare la rosa. Nomi? Non voglio dare indicazioni sui rinforzi che ci servono, mi confronto con Sabatini e lui sa quello che serve. Ma non mi interessa l’età degli acquisti, piuttosto io guardo alla carta d’identità calcistica, quella che dimostrano di avere sul campo». Intanto di un giovane si è innamorato. «Quello che mi ha impressionato maggiormente è Viviani». Si era notato anche in ritiro, per le attenzioni che il tecnico asturiano ha dedicato al promettente ragazzino, che fa il centrale di centrocampo, come De Rossi, in procinto di rinnovare il contratto. «Daniele è un punto di riferimento di questa squadra, per noi è fondamentale. Non so quando, ma credo che l’accordo arriverà. Vedo come si allena, come si impegna, ho parlato con lui e mi ha detto che la Roma rappresenta la sua prima scelta, per me conta questo. Il ruolo migliore per lui? Per me è un regista, che all’occorrenza può ricoprire anche il ruolo di intermedio».
De Rossi resta, Vucinic e Menez sono andati via, qualcuno arriverà. «L’importante è che i nuovi si identifichino nel progetto. Chi sta qui e non crede nel lavoro che stiamo facendo, meglio che scelga altre soluzioni. Allo stato attuale non vedo giocatori che non vogliano restare con noi, ma non so se anche domani sarà così. Vucinic? E’ un grande giocatore, però aveva altri obiettivi. Non ho nulla contro di lui, che ha espresso chiaramente il desiderio di andare alla Juve». Non sarà un mago, non avrà la bacchetta magica o la sfera di cristallo, ma Luis Enrique incuriosisce. A Riscone è stato oggetto di studio di parecchi suoi colleghi, compreso Arrigo Sacchi, che di rivoluzioni calcistiche se ne intende. «Io non ho idee particolari, non ho inventato niente. La mia è una maniera di intendere il calcio molto precisa, ma non certo rivoluzionaria, anzi. Mi interessa che i giocatori siano sempre attenti, con l’atteggiamento giusto. Per ora stanno tutti lavorando bene, ai ragazzi piace molto lavorare con la palla e da loro ho input positivi, poi non so cosa accadrà quando arriveranno le partite ufficiali. Certo, sarebbe stato meglio partire con una base ampia, con pochi innesti e una struttura tecnica già ben definita. Ma già nel Barcellona B ero abituato a cambiare molti giocatori ogni anno, come sta avvenendo qui alla Roma. Per me sarà un’avventura meravigliosa, sono qui da un mese ho trovato un ottimo ambiente, un’ottima rosa, sono contentissimo".
C’è il rischio che tra giovani e vecchi si crei un divario? "La carta d’identità deve essere dimostrata sul campo. Non l’ho mai guardata, chi è più giovane può essere più esperto di chi magari ha trent’anni».
© RIPRODUZIONE RISERVATA