(Il Messaggero - A. Angeloni) - Pierpaolo Marino, cinquantasette anni, una trentina vissuti nel calcio. Fa il dirigente a Bergamo e la sua Atalanta partita da -6 sarà la prossima avversaria della Roma, sabato all’Olimpico.
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“Io, nato per i miracoli”
(Il Messaggero – A. Angeloni) – Pierpaolo Marino, cinquantasette anni, una trentina vissuti nel calcio. Fa il dirigente a Bergamo e la sua Atalanta partita da -6 sarà la prossima avversaria della Roma, sabato all’Olimpico.
E’ giusto sostenere che i giallorossi ospiteranno la capolista?«È esagerato». Con quei 6 punti sarebbe così. «Ma noi pensiamo di averne quattro e di questi parliamo. La mentalità è e resta quella di una squadra che deve salvarsi. E per farlo dobbiamo mantenere una classifica da zona Uefa. Poi, se il tribunale del Coni ci restituisse i punti...».
Impresa difficile ma la partenza è stata ottima. «Se l’avessi immaginato in estate mi avrebbero dato del presuntuoso. Sono sorpreso anche io. In questi casi se ti aspetti un impatto felice, ti ritrovi a vivere una realtà terribile. Per ora è il contrario, per fortuna».
Il vostro segreto?«L’entusiasmo e un ottimo allenatore, Colantuono, che ha subito capito come andava interpretata questa stagione. Il nostro è un tecnico preparato, attento. Ha fallito a Palermo? Anche Spalletti è stato esonerato da Zamparini. Quindi, andare male con Zamparini non fa testo».
Certo, parlare di entusiasmo all’Atalanta dopo il caos scommesse non è proprio il massimo. «Già. Quando sono arrivato ho trovato un ambiente depresso, demotivato. Qui c’è una proprietà di livello, manager (Luca e Antonio Percassi, ex Chelsea il primo, ex capitano dell’Atalanta il secondo, ndr) che, avendo giocato a calcio, capiscono di cosa parliamo. Poi, ci sono pure buoni giocatori. La ricetta è questa, insomma. E io sono tornato indietro nel tempo di trent’anni».
In che senso?«Ero agli inizi, ad Avellino, 1980. Partimmo da una penalizzazione, meno cinque, per il calcio scommesse e quello era un campionato a sedici squadre con due punti a vittoria. Inoltre, l’Irpinia era stata colpita dal terremoto e, come se non bastasse, la squadra aveva perso per infortunio due giocatori importanti, Ugolotti e Juary, ma da quell’ingiustizia costruimmo una indelebile pagina di storia. Finimmo in un libro, “La grande salvezza”. Ecco, spero che quella magia si ripeta miracolosamente a Bergamo. Con i ragazzi che spero diventino, come quelli dell’Avellino, eroi di una città e della sua espressione, paladini di una ricostruzione».
A proposito di ricostruzione: come vede la Roma? «Se dietro a un progetto ci sono i nomi di Baldini, Sabatini e Fenucci bisogna stare tranquilli».
Del ritorno di Baldini che dice? «Un grande uomo. Mi piace ricordare che fu uno dei pochi del mondo del calcio a venire ai funerali di Adriano Lombardi, morto a causa della Sla. Non lo scorderò mai».
Come giudica la scelta di Luis Enrique?«Quando i cambi sono così decisi passiamo per kamikaze, ma è solo coraggio nel proporre qualcosa di nuovo. È ovvio, tutto questo va incontro al giudizio della gente, che aspetta i risultati, a volte frustranti. E non è facile reggere».
Lei è uno che a Napoli provò a fare qualcosa di diverso. «Quando arrivai non c’erano nemmeno i palloni. Piano piano ripartimmo proponendo una squadra molto più giovane rispetto a quella dell’anno prima, conquistando la A e poi l’Europa. Si stava crescendo. Il giorno della presentazione di Hamsik e Lavezzi i tifosi scrissero uno striscione: “Marino, grazie per la A, ma adesso vogliamo i campioni”. E ribadisco: erano appena arrivati Hamsik e Lavezzi. Mi consolo vendendo il Napoli fare bella figura a Manchester e nove degli undici calciatori andati in campo li ho portati io. Nessuno lo dice».
A Roma che ricordi ha lasciato?«Bellissimi. Sono stato bene, ho lavorato con Viola, un grande presidente. Anche lì c’era da ripartire: era l’anno della cessione di Ancelotti, arrivò, a proposito di scelte coraggiose, Manfredonia, in seguito Rizzitelli e Voeller».
Poi?«Un giorno mi chiamò Ciriaco De Mita, l’allora capo del Governo. Fui costretto per questioni politiche a tornare ad Avellino, proprio mentre Viola era impegnato a proporre un nuovo stadio. Fu una vera e propria cessione, la mia. Cadde il Governo, Viola mi chiamò e mi disse: «Ho perso Marino e lo stadio».
Quali acquisti ricorda con affetto?«Ce ne sono tanti, per rimanere in ambito romano dico Tempestilli. Dopo trent’anni ancora sta lì e sono molto contento». Sabato, ore 18, la sua Atalanta contro la sua Roma. Che partita sarà. «Di sicuro bellissima. Io pagherei per vederla».
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