(Gazzetta dello Sport - A.Catapano) Due frasi— pronunciate da un osservatore attento delle vicende di Trigoria— fotografano la situazione. La prima: «L’impressione è che per squadra e allenatore la partita non sia più questione di vita o morte».
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Psicodramma Roma
(Gazzetta dello Sport – A.Catapano) Due frasi— pronunciate da un osservatore attento delle vicende di Trigoria— fotografano la situazione. La prima: «L’impressione è che per squadra e allenatore la partita non sia più questione di...
La seconda: «Da qualche tempo alla Roma l’ «io» prevale sul «noi» . Non è più tollerabile» .
Dunque, in attesa dei dollari — ancora un paio di settimane e si saprà — la pentola Roma ormai scoppietta quotidianamente. Sembra che nel vuoto societario— presidente a tempo, dirigenti impauriti e/o depotenziati, assenza di un capo che faccia la voce grossa— allenatore e giocatori si siano adagiati un po’ troppo, qualcuno pare sguazzarci. Certamente, in pochi possono ritenersi innocenti. Ranieri ormai è partito per la tangente, con i giocatori continua a parlare poco e male. E i calciatori, chi è deluso, chi arrabbiato, chi scomparso, chi non è sereno, chi al primo dolorino si chiama fuori. La pentola è perennemente sul punto di esplodere, eppure, numeri alla mano, il cammino della Roma è in linea con la scorsa stagione, anzi la salita che la aspetta nel girone di ritorno è perfino meno impervia. Perché i punti al giro di boa sono gli stessi di un anno fa (32), ma il piazzamento migliore (4 ª contro 5 ª ) e la distanza da chi tira il gruppo minore (8 punti contro 13).
E allora? Perché sono tutti sul piede di guerra? Perché l’anno scorso Roma e la Roma avevano un unico respiro e ora invece si dividono ogni giorno? Certo, rispetto allo scorso campionato a questa Roma manca continuità e, quindi, l’idea entusiasmante e trascinante della rimonta. Poi, è venuta meno la solidità difensiva fiore all’occhiello un anno fa. Ma c’è dell’altro, perché il bubbone vero lo rivela da giorni Gian Paolo Montali, anche domenica pomeriggio: «Allenatore e giocatori ci avevano chiesto una rosa più ampia e competitiva— ha ricordato— e li abbiamo accontentati. Ora, però, devono anche accettarne le conseguenze» . Eccolo il problema, ognuno ha il suo ma è sempre là che si va a parare, all’insostenibile turnover. Julio Sergio appena ha sentito il fiato di Doni sul collo ha ritrovato antiche insicurezze. La gestione dei centrali difensivi ha rivitalizzato Mexes ma penalizzato Burdisso e Juan, un anno fa pilastri oggi a turno irriconoscibili. A centrocampo, Pizarro recita ormai da (quasi) fuori rosa, De Rossi viene spedito in panchina come un Greco qualsiasi, Perrotta è stato rispolverato solo di recente, Taddei è scomparso di nuovo. E in attacco il solo Borriello è sereno e contento. Totti è un mondo a parte, e Vucinic ha ripreso a segnare ma non ad esultare, pare in polemica. Come se ne esce? «Continuare sulla strada intrapresa» , ha detto ieri Julio Sergio. Vuol dire tutto e niente. «Abbiamo otto punti in meno del Milan, è un bel divario ma colmabile: mancano ancora tante partite e i confronti diretti, perciò i conti li faremo ad aprile» . Ma continuando su questa china, difficilmente torneranno.
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