(Il Romanista - M.Izzi) -Thomas Richard Di Benedetto sbarca in Italia, e si appresta a vivere la prima partita da proprietario della Roma. Una bella emozione quella che questo settembre tropicale si appresta a regalare al nuovo patron, simile, per molti versi, a quella vissuta il 23 maggio 1993 dal duo Mezzaroma Sensi (“potenzieremo la squadra senza interferire nelle questioni tecniche” dichiarò Sensi.
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Proprietario non presidente, acquisti senza interferire: anche Sensi partì così
(Il Romanista – M.Izzi) – Thomas Richard Di Benedetto sbarca in Italia, e si appresta a vivere la prima partita da proprietario della Roma. Una bella emozione quella che questo settembre tropicale si appresta a regalare al nuovo...
Vi ricorda qualcosa?) che contro l’Atalanta debuttavano, per l’appunto da nuovi proprietari (Sensi avrebbe dovuto attender ancora sei mesi per fregiarsi del titolo più ambito). Cosa è cambiato da quel momento è facile dirlo … scommetto il gatto di casa, compreso di ciotolone, che non ricordate neanche chi era l’allenatore a sedere sulla panchina della Roma. Scommessa accettata? Beh, avete perso, in panchina c’era tale Pezzotti, escamotage necessario per permettere al vecchio Boskov di recitare il ruolo di direttore tecnico. Il debuttante Franco Sensi coronava il sogno di tutta una vita, mentre Di Benedetto un programma che ha assorbito gran parte degli ultimi due anni della sua esistenza. In quel maggio del 1993 Toninho Cerezo era ancora sulla breccia vincendo, con il suo Sao Paulo e il compagno di squadra Cafu, la Coppa Libertadores a Santiago del Cile. Sono dettagli che rendono bene l’abisso temporale che ci separa da quel periodo storico. Eppure gli elementi a garantire la continuità sono più di uno, a partire da un certo Francesco Totti che era in quella Roma come giovane promessa e che di questa Roma continua ad essere il capitano e il faro.
Volendola buttare sullo scherzo, altro punto di continuità è Marcello Lippi, che nel maggio 1993 era alla guida dell’Atalanta avversaria della Roma e che ieri abbiamo saputo rendersi disponibile per tornare a lavoro (magari alla guida dell’Inter, l’ultima nostra avversaria) C’è poi un altro particolare che deve avvicinare molto lo stato d’animo della coppia Mezzaroma – Sensi a quella di Thomas Di Benedetto. In entrambi i casi, la trattativa che aveva portato all’acquisto della Roma era stata estenuante. I tifosi non ne hanno l’esatta percezione, in quanto Sensi e Mezzaroma uscirono allo scoperto solo quando il traguardo era a pochi metri, mentre il gruppo americano, di fatto, ha dovuto sostenere i mesi più delicati della trattativa sotto i riflettori dei mezzi di comunicazione e dell’opinione pubblicaIn realtà, la coppia Mezzaroma Sensi faceva inizialmente parte di una rosa estremamente più ampia di papabili, che negli auspici della Banca avrebbe dovuto realizzare una grande cordata. Quell’operazione, tramontò e i rapporti vennero faticosamente ricostruiti con i due soli soggetti che si erano dimostrati disponibili a non far naufragare il progetto di salvataggio della Roma. Fino al momento della firma (che ancora non si chiamava closing ma che faceva già venire le palpitazioni), la vicenda rimase appesa ad un filo. Al momento fatidico un ritardo del tutto fortuito di Pietro Mezzaroma fece addirittura sospettare che tutto potesse saltare sul filo di lana (con la famosa rassicurazione di Sensi che per spezzare la tensione esclamò: “Non vi preoccupate, Pietro viene, ma se dovesse averci ripensato la Roma la prendo tutta io”.
A dire il vero, poi, se per Sensi e Di Benedetto, prendere la Roma è stato più dispendioso di una maratona di New York con zaino affardellato, Dino Viola batte tutti di almeno dieci lunghezze. Il primo tentativo di assumere la guida del Club si era vanificato addirittura nel 1968, quando era sembrato che toccasse proprio a lui il compito di ricoprire la poltrona lasciata vacante da Evangelisti ( che verrà invece occupata da Ranucci). Altro tentativo fallito, più velleitario, nel 1971, poi, finalmente, nel 1978 i giochi sembrano nuovamente fatti. Si tiene una riunione a Civitavecchia in cui viene presentata la campagna acquisti della nuova Società. Viola dichiara di avere in mano Casagrande del Cagliari, Pruzzo del Genoa e Filippi del Vicenza. Al momento di presentarsi per le firme (il closing, sempre lui), Anzalone ci ripensa, lasciando Viola costernato (è dire poco). Attesa lampo e vigilia da predestinato, è stata invece quella di Renato Sacerdoti. Il 24 marzo 1928, il presidente e fondatore della Roma, Italo Foschi, lasciò il banchiere di Testaccio, a rappresentare la Società in un banchetto offerto alle Nazionali d’Italia e Ungheria. Già in quella giornata, Sacerdoti e tutto l’ambiente dirigenziale romanista erano a conoscenza che l’assenza di Foschi non sarebbe stata occasionale. Cinque giorni più tardi Foschi rassegnava le dimissioni da Presidente dell’AS Roma per poter rispondere alla sua designazione a Segretario Federale a La Spezia. Insomma, l’attesa di Thomas Di Bendetto, non è certo solitaria, tutti i più grandi l’hanno sperimentata
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