(Corriere dello Sport - P.Torri) Non è ancora ufficiale, ma succederà. Daniele Pradè lascerà la Roma. Undici anni dopo il suo arrivo dal Teramo.
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Pradè ha deciso: se ne va
(Corriere dello Sport – P.Torri) Non è ancora ufficiale, ma succederà. Daniele Pradè lascerà la Roma. Undici anni dopo il suo arrivo dal Teramo.
A Trigoria lo volle l’allora direttore generale Fabrizio Lucchesi, arrivò in punta di piedi, festeggiò il terzo scudetto della Roma, conquistò il presidente Franco Sensi, per qualche stagione fu il braccio destro di Franco Baldini per poi, quando nel 2005 il futuro direttore generale della Roma si dimise, essere promosso direttore sportivo.
Lo è stato per sei stagioni e, al di là di qualsiasi giudizio e ricordando come in un mestiere come quello di direttore sportivo non sbagliare mai è solo utopia, lo ha fatto con una passione e un amore che possiamo testimoniare di persona, come la felicità che gli abbiamo visto negli occhi nelle notti di coppe e supercoppe, di Lione o Madrid, o come nella disperata tristezza degli stessi occhi a Catania o a Verona, ma anche a Siena, per esempio, dopo una sconfitta per tre a zero. TIFOSO -Lo ha fatto, il ds, soprattutto da tifoso romanista. Che non vuole essere un’assoluzione a prescindere, lo stesso Pradè è assolutamente consapevole di alcuni errori commessi. Ma, forse, questo essere tifoso, in un mestiere come quello di ds, può rappresentare un limite, ci si affeziona ai giocatori, ci si convince che quel certo giocatore è quello giusto per fare il salto di qualità, si sogna di vincere sempre. Oltretutto lo ha fatto il ds, negli anni delle difficoltà della società, un portafoglio che non gli consentiva nulla o quasi e, quando, quel portafoglio qualche euro lo conteneva, gli acquisti, Cicinho, Baptista, che erano stati accolti da centinaia di tifosi all’aeroporto, si rivelarono errori. «Non ce la faccio». Così, durante la conferenza di DiBenedetto (ieri è andato a trovare il figlio, ripartirà domenica per Boston), ci aveva detto Daniele Pradè. E quelnon ce la faccio,voleva dire che non ce la faceva a sopportare e vivere un ruolo da semplice osservatore delle cose romaniste, a non avere il contatto quotidiano con l’allenatore, i giocatori, a pensare a come migliorare la squadra, a non seguirla in trasferta, a vedere dvd, valutare calciatori, risolvere problemi della società (e solo lui sa quanti ce ne sono stati in questi ultimi anni), a sentirsi il direttore sportivo della sua Roma. Franco Baldini gli aveva offerto il ruolo di suo vice, ma per chi è stato in prima fila tanti anni, quel ruolo nell’ombra non poteva essere quello giusto per continuare la sua avventura con la Roma. Il suo addio, probabilmente con la formula che lo solleveranno dall’incarico, consentirà alla nuova società di fare il contratto da ds a Sabatini. STILE -Si è comportato da galantuomo anche in quest’ultima, tristissima per lui, fase della sua storia giallorossa. Avrebbe potuto alzare la voce, creare qualche problema, ha preferito non farlo perché per lui, errori o meno, prima di qualsiasi altra cosa viene la Roma. Ieri ha chiesto ai nuovi dirigenti di poter salutare i giocatori, i suoi giocatori, prima della partenza. E’ andato nello spogliatoio, si è commosso, con lui si sono commossi in parecchi. Lunedì si incontrerà con Fenucci e Cappelli per trovare un punto d’incontro sui due anni di contratto che ha ancora. Poi ci sarà l’addio ufficiale. Ma solo da ds. Perché Daniele Pradè, a cui auguriamo le migliori fortune, sarà, sempre e comunque un tifoso della Roma.
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