(Il Romanista - S.Romita)Da piccolo volevo vincere sempre. Con la Roma intendo. E sognavo di entrare a metà partita e cambiare il risultato.
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Poker d'assi
(Il Romanista – S.Romita) Da piccolo volevo vincere sempre. Con la Roma intendo. E sognavo di entrare a metà partita e cambiare il risultato.
Perché, nel caso non lo sapeste, sono stato l’ala sinistra più forte del mondo. E poi, con il passare degli anni, il numero 10 più forte d’Europa. Il doppio passo e il sombrero erano le mie specialità. Come segnare, quasi sempre, a fil di palo. Spesso spizzandolo per far innervosire i portieri. Per far loro credere che il pallone, con un po’ di fortuna in più per loro, sarebbe potuto anche andar fuori. Ho immaginato di comperare, come dono alla Società, Pelè. E dopo di lui, Cruijff. Per me i più forti di tutti i tempi. Uomini squadra.
Campioni imprendibili se non con brutti falli da espulsione. Mi sarebbe piaciuto vederli in campo con la maglia giallorossa la domenica all’Olimpico. E ogni volta che mi svegliavo dal sogno dovevo fare i conti con Spadoni, Enzo, Penzo. Ma dopo tutto sono stato un romanista fortunato. Ho già potuto vedere di persona due scudetti, le coppe Italia e molti calciatori amati giungere a Roma. Da Del Sol a Jair, a Batistuta solo per fare tre nomi. E ho visto il calciatore più forte d’Italia di sempre, Totti, diventare il più grande della terra, e alzare, con in testa una tuba a scacchi gialli e rossi la coppa che lo testimoniava. Molti romanisti non ce l’hanno fatta. Non hanno avuto questa soddisfazione. Non hanno visto vittorie, ma solo sconfitte o qualche prestazione brillante. Ma io sono un drogato. Non mi basta mai. Non mi accontento mai. Vincere cinque derby di fila mi ha messo addosso anfetamina pura. E voglio vincere sempre. Tutte le domeniche. Ora purtroppo anche i sabati, i venerdì, i martedì e i mercoledì. Non conosco un tifoso che non voglia vincere. E spesso non importa la bellezza dell’azione vincente. Ci basta l’autogol.
Ma quello che il romanista non ha mai potuto sopportare è l’imbroglio, la truffa, la corruzione. O anche solo, come nel caso di Moggi e della Juventus, un qualche cosa di indistinto e oscuro, di non detto e di gridato agli arbitri con schede telefoniche usa e getta. Di veti diretti e incrociati nelle campagne acquisti affinchè gli avversari non si rafforzassero. David alla Roma ci voleva venire. E io l’avrei visto bene qui al sole. Tanto per fare un piccolissimo esempio. Ora per la famiglia Moggi c’è lo sconto di pena perché alcuni reati sono stati prescritti. E’ la Juve di sempre. E’ l’Italia d’adesso.
Noi però non molliamo la nostra questione morale. Per rispetto a noi stessi e per onorare sempre Dino Viola e Franco Sensi. Noi vogliamo vincere con i nostri campioni invendibili che saranno l’ossatura della nuova Roma rifondata, e con grandi nomi che i nuovi proprietari dovranno prendere. Se Viola e Sensi si sono svenati per darci quello che era giusto avere e vedere in campo, non si capisce perché non debbano farlo gli americani, che sono i re del business. Qualche nome lo forniscono i nostri tifosi. E non mi addentro oltre. Ognuno ha i suoi sogni.
E io ho i miei. Buffon (che sembra non esserlo) Ibra o Eto’o. Ma per avvicinare il sogno di una vittoria spaziale, di tre scudetti di fila, di una Champions da vedere prima di chiudere gli occhi, alla possibilità che questo si materializzi, si deve parlare con sincerità. Partire dai forti giocatori che ha la Roma anche adesso e fare innesti mirati e precisi. L’abilità nell’alchimia ce l’ha solo Mourinho. Il migliore di tutti. Prendiamocelo come prima cosa. Poi se ne parla. Voi che ne dite? Ditecelo oggi. Prima che sia troppo tardi.
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