(Il Romanista - D.Galli) - «Un altro gol? I hope». Lo spero. Pjanic lo sussurra a un tifoso mentre trascina il trolley.
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Pjanic: «Vorrei segnare ancora»
(Il Romanista – D.Galli) – «Un altro gol? I hope». Lo spero. Pjanic lo sussurra a un tifoso mentre trascina il trolley.
Perché Lecce ha svelato un altro pregio del titolare per eccellenza (assieme a Stek, De Rossi, Gago e Osvaldo) della Roma di Luis Enrique: Miralem sa essere anche questo. Un uomo-gol. E se oggi, come sembra, Pjanic dovesse essere spostato veramente sulla trequarti perché al suo posto giocherebbe Greco, allora le possibilità di arrivare alla conclusione aumenterebbero in maniera esponenziale. Intermedi crescono. Anzi, tornano alla loro posizione naturale. Congenita. Ideale. Miralem è talmente forte che potrebbe fare pure il centrale difensivo, forse. Ma a Lione era quello. Era un trequartista, l’uomo dietro le punte. Non a caso, quando si trova nei pressi dell’area di rigore tenta sempre il tiro. E questo lo rende assai differente da quel tipo di calciatore alla Pizarro, il costruttore di gioco che non calcia fin quando non è a cinque metri dalla linea di porta. Altri mondi.
Quello di Pjanic è fatto di piccole grandi cose. È fatto di Josefa, la fidanzata francese che molto presto lo raggiungerà a Roma. È fatto della sua nuova casa al Torrino, dove alloggia buona parte della squadra. È fatto di pizza, per la quale dicono che straveda. Tra le sue piccole grandi cose c’è anche la sua Roma. Qui, ormai, si sente a suo agio. Ha avvertito subito la stima di Luis Enrique, gli fa piacere sapere di essere diventato una specie di supereroe per i tifosi giallorossi, non trova un motivo che sia uno per rimpiangere una scelta che, inizialmente, aveva dovuto subire. Lo disse lui stesso, furono le sue prime parole da romanista: «Sono rimasto un po’ deluso perché non volevo lasciare il Lione». Salvo aggiungere subito dopo: «Ma ora sono contento». Era un’aggiunta di facciata, chiaramente, che non bastava a mascherare la delusione. Miralem si è però ricreduto quasi subito. Non è facile a 21 anni catapultarsi in un campionato così difficile come quello italiano, senza peraltro svolgere la preparazione assieme ai compagni. Eppure, quando Pjanic è sceso in campo pareva già un senatore.
C’è un paragone un po’ irriverente verso la nostra Storia. È quello con Falcao. Ruoli diversi, ma soprattutto un pedigree che Pjanic deve ancora dimostrare di possedere. Però, c’è qualcosa che li rende simili. Si chiama classe. Ogni volta che Miralem tocca palla, è una carezza. Addomestica il pallone con quella naturalezza tipica solo dei fuoriclasse. Dei Falcao. E del Divino ha anche un’altra cosa. La più importante. La visione di gioco. A Novara manda in rete Bojan con un tocco sotto quasi più fico del successivo gol dello spagnolo. E ora a segnare ci ha preso gusto anche lui. Da trequartista sarebbe ancora più facile, certo. Ma a Pjanic cambia poco. Per i campioni non esiste la parola difficile
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