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Piccoli Caltagirone crescono: mattone & etere

(Il Fatto Quotidiano – M. Pagani) – C on i giornalisti ci sono solo due possibilità.

Redazione

(Il Fatto Quotidiano - M. Pagani)- C on i giornalisti ci sono solo due possibilità. O li eviti o li compri”. Francesco Gaetano Caltagirone dettò la linea in tempi non sospetti ed Edoardo, il fratello minore nato nello stesso giorno del ‘44 in cui Vittorio Emanuele III abdicò al trono, ha seguito il consiglio. Tre televisioni, una radio, l’applauso di una enclave con la sciarpa al collo che lo ha incoronato re di un quarto Stato che alle bandiere rosse, da sempre, preferisce quelle giallorosse. Il controllo orwelliano del calcio, a Roma, conta più del Vaticano. Una messa urlata, 24 ore al giorno, 7 giorni su sette. La campagna acquisti di Edoardo e dell’omonimo figliolo (“Piacere, Caltagirone, non quello che pensa lei”) non ha conosciuto pause. Oltre a T9, l’ex Teleregione acquistata nel 1995, l’ex radicale Teleroma 56 e Gbr, l’ex feudo della preferita di Bettino Craxi, Anja Pieroni, il duo Caltagirone ha trasformato Teleradiostereo in una succursale di Trigoria. Prima partecipando a un’asta a prezzi da saldo, volta a ottenere l’esclusiva radio delle partite della Roma per poche decine di migliaia di euro (i concorrenti, a iniziare da Franco Nicolanti, patron del gruppo RomaRadio sono furibondi e sostengono che in realtà la gara non ci sia mai stata), poi assoldando giornalisti (Pierluigi Pardo, Paolo Assogna, Piero Torri), ex calciatori come Tonetto e Del Vecchio (nel 2011 c’era anche Panucci, emigrato altrove) e la nutrita schiera di opinionisti indigeni che nella primavera dell’anno scorso, nutrivano le fila della rivale Retesport. Nisii, Bersani, Rossi. Cognomi che al di là del Grande raccordo anulare sono quasi ignoti e in città predicano da guru.

ROSSI , di nome David, è il figlio di Stefano Rosso (ci fu un’epoca barricadera in cui tra una molotov e un processo al Palalido, cambiare le vocali rivestiva una certa importanza) l’amico del Folkstudio, l’autore di “Una storia disonesta”, l’ironico cantore di spinelli e giri di chitarra da legalizzare: “Che bello/col pakistano nero e con l’ombrello/ e una ragazza giusta che ci sta/ e tutto il resto che importanza ha?”. Un eretico che mai avrebbe immaginato a metà dei ‘70 un figlio speaker, dietro il microfono, a intonare il coro, “da direttore artistico”, salmodiando pregi e difetti della Roma. Con Rossi (tenue verso la società, ma spesso critico con Zeman), a dire il vero, Caltagirone ancora non ha quadrato il cerchio. Gli ascolti, inversamente proporzionali agli investimenti, sono inferiori a quelli di altri capipopolo. Distanti da quelli di Mario Corsi in onda su Centrosuonosport e comunque, non commisurabili all’impegno familiare. In pubblico, Edoardo Junior azzarda curiose teorie macroeconomiche sulla crisi dell’Europa. (a suo dire, un’autoflagellazione più urlata che reale, utile a tenere distante il fantasma cinese) ma sa far di conto. E nonostante la monomaniacalità (non dissimile da altre frequenze come Radiosei, impegnate a discutere esclusivamente di Lazio) è perplesso. L’obiettivo stadio è una chimera. La concorrenza picchia. Lo spettacolo domenicale dei cronisti avversari costretti a rapinare qualche frammento di Roma al telefono, così vicino e così lontano alle memorie del giovane Fabio Caressa (altro prodotto dell’etere romano) che con il gettone in mano scendeva le scalinate dello stadio per raccontare in differita ciò che aveva visto mezz’ora prima, rende il clima plumbeo. Per la famiglia Caltagirone, silenzio e consenso, hanno sempre camminato parallelamente. Se per scelta imprenditoriale evadi dal primo, devi stare attento a non intaccare il secondo. Non quello mediatico: “I giornali sono organi di diffamazione”, ma quello popolare.

L'EPICA dei Caltagirone che sanno lavorare in armonia, producendo posti di lavoro, scandali sopiti lontano dai riflettori, monetizzando rapporti e frequentazioni a testa china come seppe fare Gaetano “Calce viva”, il Caltagirone che per primo tracciò la strada in Sicilia. Se si litiga, anche in famiglia, non si sceglie mai la via del cazziatone pubblico. Il rimprovero per la condotta impropria è un segreto di Fatima. Un sussurro. Una freddura. Francesco Gaetano detto Franco, già proprietario di Mattino e Messaggero , era antitetico al cugino Francesco Bellavista? Bastava un colpo sotto la cintura e finiva lì: “Lui salta sempre il Bellavista e non capisco il motivo”. Le nuove generazioni hanno alzato il tiro. Inconsapevoli che Moro, nella prigione Br, li tenesse nel cuore: “È singolare la vicenda del debitore Caltagirone” e che rispondendo a Cossiga sulla stessa vicenda, come ricordò Merlo sul Corriere, Sciascia affilò l’ironia : “Abbiamo finalmente appreso che i Caltagirone sono dei buoni cittadini. Evviva”. Per sapere se otterranno il plauso dei tifosi, non basterà una telefonata “A Frà, che te ser ve?”, ma un cavallo chiamato share per l’incoronazione definitiva. “Forza Roma olè, i rigori sò tre”.