rassegna stampa roma

Per domare il Lecce serve un Candela in versione bomber

(Corriere dello Sport – F.N.Massuero) – Nella sera piovosa del 5 dicembre del 1999, i fari dell’Olimpico inondavano di luce, per l’ultima esibizione a soggetto ivi in cartello nel Novecento in fase di congedo, il palco, con mestiere e...

Redazione

(Corriere dello Sport – F.N.Massuero) - Nella sera piovosa del 5 dicembre del 1999, i fari dell’Olimpico inondavano di luce, per l’ultima esibizione a soggetto ivi in cartello nel Novecento in fase di congedo, il palco, con mestiere e con arte calpestato, dai roventi scarpini della celebre compagnia itinerante di football della Lupa.

Sessantamila fedeli appassionati stipavano lo stadio familiare per traghettare idealmente, alle soglie del prossimo Millennio, i beniamini, cullati sulla cresta dell’onda inebriante del primato.

La troupe dei giallorossi, per la regia prestigiosa, di recente assoldata, di Capello, era infatti balzata, seppure in condominio, alla testa del gruppo, qualificato e fremente, delle elette. Il pragmatico trainer, già carico di gloria, di sportive conquiste e di medaglie, acquisito da Sensi in capo al categorico progetto di rivalsa, aveva appena soppiantato, nel ruolo, non nel cuore, Zeman, fantasmagorico quanto spesso poco concreto e flessuoso allenatore. Nel suggestivo scenario la Roma era invocata, con unanime voto, di slancio, a superare l’ostacolo, inquietante per trascorsi traumatici, del Lecce. I salentini, arroccati nella difesa accanita della porta, apparivano quale scoglio assai arduo da scalfire e, seppure tempestati con violenza inaudita dai marosi, costituivano risacca persistente ed insidiosa.

Mattatore dell’elettrico incontro fu un francese, ben presto divenuto “romanaccio” integrale, guascone nell’aspetto esteriore e scanzonato. Segnalato dall’argentino Bianchi da Oltralpe per l’ingaggio, Candela restava a poco a poco soggiogato dal fascino indiscreto dell’Urbe senza pari. Perplesso sui reali obiettivi inizialmente, sposava poi la causa superiore dei lupi nel profondo. Opaco, anzi quasi invisibile all’inizio, il capellone, esterno di mancina, assurgeva al proscenio durante la ripresa, sgretolando, con una doppietta rabbiosa e fulminante, la resistenza, coriacea quanto snervante, dei pugliesi. Ispirato dall’amicone suo Totti per il tiro, esplodeva dapprima in rete una bomba con il destro, siglando nel finale convulso la vittoria, carambolando sul corpo inavveduto di un rivale, con colpo malandrino d’effetto, da biliardo. Quel gol, compartecipato sia pure e avventurato, scatenava l’entusiasmo stellare dei tifosi che, certo ignari, vivevano l’evento dell’estrema prodezza romanista nel ventesimo secolo in declino. Vincent, cervello fino, si ritrarrà infine in campagna, presso Roma, felice e benestante contadino.