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Palacio: la “Joya” o il “Trenza”. Dal basket la punta dai mille soprannomi

(Il Romanista – D.Giannini) – A dieci giorni dalla prima partita ufficiale contro lo Slovan i tifosi romanisti cominciano a fare pratica con nomi e volti dei nuovi acquisti. All’inizio, ad esempio, Josè Angel si faticava a...

Redazione

(Il Romanista - D.Giannini) - A dieci giorni dalla prima partita ufficiale contro lo Slovan i tifosi romanisti cominciano a fare pratica con nomi e volti dei nuovi acquisti. All’inizio, ad esempio, Josè Angel si faticava a riconoscerlo. Ora di lui si sa già quasi tutto.

Soprannome compreso: “Cote”. Ma anche gli altri neogiallorossi ne hanno uno: Heinze è “El gringo”, ovvero “lo straniero” a causa delle origini tedesche e italiane dei genitori, Lamela è semplicemente “el coco”, mentre Stekelenburg si fa chiamare Stekel o “il gatto. E Bojan? L’attaccante spagnolo un vero e proprio soprannome non ce l’ha ancora. Ma, per contrasto, accanto a lui potrebbe giocare uno che di soprannomi ne ha fin troppi: Rodrigo Palacio. Il 29enne argentino del Genoa, che piace alla Roma e che potrebbe venire a rinforzare il settore avanzato giallorosso, è chiamato da amici e tifosi in tanti modi diversi.

NOMIGNOLI Il 29 luglio del 2009 nella conferenza stampa di presentazione al Genoa ne confessò uno: «Il mio soprannome era “la Joya”, “il gioiello”, spero di esserne all’altezza anche in Italia». E in effetti ci è riuscito, conquistando la fiducia dei tifosi rossoblù, che nel frattempo hanno scoperto altri nomignoli: “l’Hijo del viento”, il figlio del vento, il “Pajaro”, ovvero l’uccello o anche l’aereo, ma anche e soprattutto il “Trenza”. Che significa il “codino”. Evidente il riferimento al look per il quale è diventato famoso prima in Sudamerica e poi in Europa. Un’acconciatura particolare, capello corto corto adornato da una sottile treccina che svolazza. Un vezzo che cura gelosamente da anni, da quando si fece crescere questa ciocca per celebrare un gol strepitoso all’Huracan.

LE ORIGINI Da allora Rodrigo di strada ne ha fatta davvero tanta. Soprattutto nel Boca, il club degli italiani d’argentina. O meglio dei genovesi (e non è un caso che per iniziare la sua avventura nel nostro Paese abbia scelto proprio il Grifone). Nella formazione gialloblù du Buenos Arires, Palacio ha collezionato 185 presenze e 82 reti con 8 titoli conquistati (3 campionati argentini, 3 Recopa Sudamericana, una Copa Sudamericana e una Libertadores. Non male per un ragazzo partito da Bahía Blanca (il nome è dovuto al colore tipico del sale che ricopre i terreni lungo la costa), ovvero una città di circa 350 mila abitanti che si affaccia sull’Oceano Atlantico ed è situata a sud-est di Buenos Aires. Una città che è famosa non tanto per il calcio ma per il basket. E’, insomma, la capitale argentina della pallacanestro. Dove, tanto per fare un esempio, è nata anche la stella Nba Manu Ginobili.

IL BASKET e il basket ha segnato l’infanzia di Palacio, che spesso andava a vedere la squadra di “baloncesto” del Boca e che da questo sport, da lui praticato da giovane, ha preso alcune delle sue caratteristiche tecniche. Della sue qualità parlò lui stesso a Genova, facendo anche un po’ di autocritica: «L’Italia? Un posto dove, se non sei bravo, ti rispediscono a casa. Devo migliorare inalcune cose, a volte insisto troppo a scartare». E in questo è davvero migliorato, riuscendo negli anni a limitare gli eccessi nei dribbling, quegli stessi che pure avevano fatto impazzire la Bombonera, senza perdere la capacità di difendere la palla come pochi altri.

LA NAZIONALE Caratteristiche che gli hanno permesso di farsi notare da piccolo, quando giocava nella squadra locale del Bella Vista. Formazione che lasciò per passare prima all’Huracán nel 2002 e successivamente al Banfield nel 2003. Nel 2005 viene acquistato dal Boca Juniors. E lì inizia a guadagnarsi l’attenzione dell’allenatore della Nazionale argentina José Pekerman, che lo convoca per un’amichevole contro il Messico. Sempre con la "seleccion" albiceleste disputa anche il mondiale del 2006 in Germania, nel quale esordisce il 10 giugno contro la Costa d’Avorio. Nel 2007 disputa anche la Coppa America, nella quale l’Argentina arriva in finale, ma è soprattutto nel Boca che Palacio si fa notare.

IL GENOA Nel luglio del 2009 il Genoa di Preziosi lo riesce ad acquistare per 4,9 milioni di Euro. All’arrivo in Italia disse di non volere la maglia numero 22 per non avere il peso dell’eredità di Milito e aggiunse: «Non so dire quanti gol segnerò, al momento non mi interessa. L’importante è fare bene con la squadra e far divertire il pubblico». Spesso ci è riuscito. Purtroppo una delle sue prestazioni migliori l’ha sfoggiata lo scorso anno proprio contro la Roma, in quella partita folle nella quale i giallorossi in vantaggio per 3-0 riuscirono a farsi rimontare e soprassare anche per colpa di una doppietta dell’argentino.

PASSAPORTO Ma Sabatini non lo ha certo notato lì, lo conosceva da tempo e la possibilità di andarlo aprendere nasce dal fatto che le sue caratteristiche (è un attaccante che può giocare esterno sia a destra sia a sinistra) lo rendono perfetto per il gioco di Luis Enrique. E poi ha un altro vantaggio, quello di essere in possesso del doppio passaporto (argentino e spagnolo, e quindi comunitario) per via di alcune discendenze europee. Il problema, non da poco, è che finora il giocatore ha sempre detto di non volersi muovere da Genova: «Io sto bene qui e tutte queste voci di mercato mi danno un po’ fastidio – ha spiegato qualche giorno fa -. Non divento pazzo per andare in un altro club». Certo però che, di fronte alla possibilità di andare alla Roma o all’Inter (che l’ha a lungo cercato), potrebbe cambiare idea. E magari si potrebbe convincere anche Preziosi mettendo sul piatto una cifra sostanziosa, comunque non superiore ai 12 milioni. Per il Genoa sarebbe una bella plusvalenza, per la Roma un acquisto importante. Magari non di quelli che fanno correre i tifosi al botteghino, ma un rinforzo certo e senza l’incertezza di portare un giocatore che deve ambientrasi nel nostro calcio. Lui, Rodrigo, sarebbe già lì, pronto a dare il suo contributo, a segnare, a correre, ad aiutare la squadra. Con la “trenza” al vento.