rassegna stampa roma

Paese che vai, stadio che trovi

(Il Romanista – F.Bovaio) I 30.768 coraggiosi e affezionati spettatori che erano allo stadio per Roma-Lecce ci hanno spinto ad una riflessione.

Redazione

(Il Romanista - F.Bovaio) I 30.768 coraggiosi e affezionati spettatori che erano allo stadio per Roma-Lecce ci hanno spinto ad una riflessione.

Ma se anziché nell’obsoleto Olimpico la partita fosse stata giocata in uno stadio della Roma, con le tribune attaccate al campo e magari riscaldate, il ristorante interno e tutta l’altra sorta di benefici di cui gli spettatori godono all’estero, ci sarebbero stati più paganti oppure no? Quanto incidono le scomodità da stadio italiane sulla presenza del pubblico sugli spalti e quanto, invece, questa dipende dalle dirette televisive di tutte le partite? Rispondere a questi due piccoli, ma fondamentali quesiti, serve a capire anche dove sta andando il nostro calcio, sempre più attento alle dirette tv che al conquistare gente da portare allo stadio. Un tentativo, quest’ultimo, che invece la Roma sta cercando di fare al meglio.

In tal senso, ad esempio, rientra la creazione del settore famiglie nei distinti nord lato Tribuna Tevere che tanto sta piacendo ai tifosi che hanno figli. Era un settore morto, con questa idea semplice e di facile realizzazione lo si sta pian piano rivitalizzando. Il pomeriggio è un’altra cosa. Al di là di ciò, però, va sottolineato come questa esperienza sia già di per sé indicativa dello stadio che la società giallorossa vorrebbe avere. Un impianto aperto alle famiglie nel vero senso della parola, da vivere sette giorni su sette e nel quale creare anche un museo della storia della Roma che, ne siamo convinti, piacerebbe molto al presidente DiBenedetto, che abbiamo visto attentissimo e interessato nella sua visita di sabato alla mostra dell’Utr ancora aperta in Via Baccina. Cose che da noi, purtroppo, sono da molti, troppi, anni in divenire, mentre all’estero sono già attualità da un bel po’ di tempo, tanto che in Inghilterra, quando si parla di stadi, si discute ormai solo di cose marginali, come ad esempio il nome da dargli.

Una questione che è tornata alla ribalta dopo la decisione del presidente del Newcastle di cambiare quello del proprio stadio, lo storico St.James Park, in "Sports Direct Arena" in omaggio alla propria azienda. Una scelta che ha fatto inviperire i tifosi bianconeri, assolutamente contrari a recarsi a vedere la partita in un impianto chiamato con il nome dello sponsor. Una strada dalla quale sono passati anche l’Arsenal (che oggi gioca nell’Emirates Stadium, il Manchester City (il cui "City of Manchester" è diventato l’ "Etihad Stadium") e il Bayern Monaco (la cui casa è l’Allianz Arena), ma che non è stata ancora percorsa dal Manchester United (fedele al suo Old Trafford), dal Liverpool (Anfield Road) e dal Chelsea (Stamford Bridge), nonostante le loro proprietà straniere.

A York, invece, hanno ceduto e l’impianto è stato ribattezzato "Kit Kat Stadium", mentre a Frisco, in Texas, c’è il "Pizza Hut Park". Come chiameremo il futuro stadio della Roma? A suo tempo ci si penserà, intanto diano alla società il permesso di costruirlo. Aspettare ancora è solo masochismo.