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OSVALDO La “Metralleta” che ha stregato Luis Enrique

(Il Romanista – V.Valeri) Come la più classica delle favole: il brutto anatroccolo che diventa cigno.

Redazione

(Il Romanista - V.Valeri) Come la più classica delle favole: il brutto anatroccolo che diventa cigno.

Il cigno in questione è Pablo Daniel Osvaldo, 25 anni, nato a Buenos Aires, in possesso del passaporto italiano grazie a lontani parenti e già intravisto con la maglia azzurra dell’Under 21: a breve sarà lui il nuovo centravanti della Roma, dopo un anno e mezzo all’Espanyol. In Spagna, dove già lo hanno salutato con un pizzico di rimpianto, il ragazzo cresciuto nel Lanùs si è ripreso i numeri dell’attaccante, persi chissà dove in Italia, paese adottivo ma finora ingrato.

In 53 partite tra serie A e B, con quattro squadre diverse, Osvaldo ha messo a segno solamente 11 gol. Ma di colpe sue ne ha poche: diversi allenatori lo hanno considerato bravo, ma poi lo hanno spesso e volentieri relegato in panchina. Fisicamente prestante, dati i suoi 182 centimetri d’altezza per 74 chili di peso, Pablo è molto bravo di testa, ma anche con i piedi non è affatto male. Spesso tenta il dribbling stretto in area di rigore per liberarsi di un avversario diretto, ma una delle sue specialità è inserirsi sui cross dalle corsie laterali, anticipando il centrale e beffando il portiere.

Ne ha fatti diversi, così, con la maglia dell’Espanyol, osservato da vicino da De La Pena (anche se l’ex laziale è tornato a casa dimettendosi da secondo allenatore della Roma) e applaudito dai sostenitori del Cornellà. Ma la sua maledizione in Italia, in tre anni e mezzo di tentativi finiti male, ha un nome e cognome: Giuseppe Papadopulo.

Il tecnico sessantatreenne, che nel 2004/2005 diresse anche la Lazio, se lo trovò in squadra sia nel Lecce quattro anni fa, sia nel Bologna l’ultima stagione in serie A e in entrambe le occasioni non riuscì a ritagliargli uno spazio in campo. Eppure in Salento, con i giallorossi alle prese con la serie B, grazie al 4 – 3 – 3 di Zdenek Zeman Pablo si stava divertendo, giocava e segnava. Ma la società mandò via il boemo, subentrò Papadopulo e per l’italo-argentino il divertimento diventò noia, i gol non arrivarono più, anche perché se rimani sempre seduto in panchina è difficile fare la differenza. Essendo in comproprietà tra l’Atalanta – nella quale giocava soprattutto con la Primavera – e il Lecce, la sua sorte viene scelta da una busta: vincono i lombardi, che offrono poco più di un milione e mezzo, ma subito lo girano alla Fiorentina per oltre 4. Un vero affare. Anche per Osvaldo, che spera nel salto di qualità ed è orgoglioso di vestire il viola, come fece un suo connazionale e idolo: Gabriel Omar Batistura, il Re Leone.

Ma sarà proprio il confronto con un campione come Gabriel a frenarne l’esplosione. Il 29 settembre 2007 fa il suo esordio assoluto ed è subito un trionfo, grazie soprattutto al compagno Santana, che gli fornisce due assist d’oro per la doppietta che stende il Livorno del romanista Marco Amelia.

Cesare Prandelli, allora tecnico della Fiorentina, è felice di lui, Corvino ancora di più perché ci ha visto bene. Ma la storia di Pablo è tartassata di difficoltà, cosicché anche in Toscana non è tutto rose e fiori. Anzi. In due stagioni (2007 – 2009), l’attaccante mette a segno cinque reti in ventuno match disputati, a causa anche di un fastidioso infortunio alla coscia che lo tiene fuori per oltre un mese a metà stagione, quando in molti– lui in primis – speravano che il ragazzo potesse imporsi da titolare e mostrare il suo reale valore. La concorrenza, poi, non è tenera: Alberto Gilardino e Adrian Mutu non sono facili da tenere in panchina. Ma la Metralleta, come lo hanno ribattezzato in Spagna per la sua esultanza, ricorderà sempre il 2 marzo 2008, giorno in cui segna di testa il definitivo 3 – 2 contro la Juventus, acerrima nemica della tifoseria viola. Osvaldo si tuffa su un cross di Papa Waigo e batte Buffon al terzo minuto di recupero, si leva la maglietta e va sotto la Curva Fiesole imitando un bomber tanto amato da quelle parti molti anni prima: è il tripudio, ma anche una beffa, perché l’arbitro Farina lo ammonisce per la seconda volta e lo caccia via.

La società lo multa – si dice su suggerimento di Jorgensen – e forse in quel momento qualcosa si rompe. A gennaio del 2009 saluta il Franchi, prende il treno e si accasa al Bologna. In Emilia c’è Ssinisa Mihajlovic ad aspettarlo, la società ha investito la bellezza di 7 milioni di euro per assicurarselo e come acquisto invernale non è poco. Lui, arrabbiato per come è andata a finire a Firenze, vuole riscattarsi. Ma Sinisa viene esonerato e al suo posto chi arriva? Papadopulo. Osvaldo finisce ai margini, entra quasi sempre nel secondo tempo oppure viene sostituito prima della fine del match. Non segna nemmeno un gol, si fa anche male, ma la dirigenza ha fiducia in lui e lo tiene. Nonostante un esordio incoraggiante nella stagione successiva, la scintilla con i rossoblù non scocca e Pablo viene ceduto in prestito oneroso all’Espanyol. È in Catalogna che vive la svolta, che trova l’affetto e la considerazione giusta per integrarsi e dare il meglio di sé. Sette gol, tra questi una bella doppietta al Siviglia, e per l’italo-argentino è tutta un’altra musica.

I Periquitos non ambiscono a chissà cosa, a loro basta salvarsi, e Osvaldo non si fa pregare. La scorsa stagione scende in campo 24 volte e realizza 13 gol, per la prima volta in doppia cifra. Poi l’interesse dell’Atletico Madrid, che quasi se lo porta in Castiglia, se non fosse che i Colchoneros non riescono a fornire le garanzie bancarie per coprire i 17 milioni pattuiti e dall’Espanyol frenano tutto, perché i soldi sono importanti e da quelle parti ne hanno bisogno. Luis Enrique lo vuole fortemente e Sabatini, lesto, si è inserito di nuovo dopo averlo avuto precedentemente in pugno: Osvaldo, tra poche ore, sarà un giocatore della Roma. Ma non chiamatelo Mitraglia.