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Osvaldo guarisce la Roma, Parma ko. Adesso Luis Enrique può respirare

(La Stampa-G.Bucchieri) Il campionato decide di avanzare adagio proprio nelle ore in cui la Roma della svolta spagnola si regala la prima accelerazione della stagione.

Redazione

(La Stampa-G.Bucchieri) Il campionato decide di avanzare adagio proprio nelle ore in cui la Roma della svolta spagnola si regala la prima accelerazione della stagione.

Il successo giallorosso del Tardini non può essere banale se letto alla luce dello zero assoluto (o quasi) mostrato da Totti e soci fino a ieri sera: Luis Enrique dopo il pareggio dell'Olimpico contro il Siena era sembrato la controfigura di se stesso, lontano anni luce dal condottiero tutte certezze e magnetismo. Tre giorni dopo, ecco i segnali che Lucho cercava e che, adesso, possono liberare la testa dei giocatori e della piazza dai cattivi pensieri per una scommessa difficile da far digerire al calcio italiano: la Roma non era riuscita ancora a vincere una partita, comprese quelle abbordabili contro lo Slovan Bratislava in Europa League e il Cagliari o il Siena all'Olimpico in campionato.

Quando la truppa giallorossa sbuca dal tunnel degli spogliatoi la sensazione di una nuova, ennesima, rivoluzione negli interpreti e nei ruoli lascia spazio a qualche certezza in più. Luis Enrique affida le corsie là dietro a Rosi e Josè Angel, ovvero terzini di professione e riporta Perrotta in mezzo al campo dove ha vissuto per un'intera carriera. Totti (quarta partita da titolare di fila) naviga nel cuore dell'attacco, ai suoi fianchi il fedelissimo Osvaldo e il quasi fedelissimo Borini. Il Parma si affida come sempre alle magie di Giovinco, stavolta con l'ex laziale Floccari in aiuto: il tecnico di casa Colomba chiede equilibri e concentrazione per evitare che la porta di Mirante diventi una barzelletta dopo gli otto gol incassati nelle prime tre uscite di stagione. Fa caldo al Tardini, ma l'impressione che le gambe della comitiva giallorossa girino più veloce del solito è forte.

Il calcio fatto di tocchi e ri-tocchi è ormai un marchio di fabbrica, ieri sera la Roma ha seguito lo spartito con maggior convinzione e meno riflessioni. De Rossi appare a suo agio nella veste, inedita, di terzo difensore centrale quando gli emiliani provano l'affondo e, allo stesso tempo, di regista «basso» nel momento di suonare la carica: il ragazzo di Ostia ci mette cuore e polmoni, non sbaglia il tempo delle entrate, ma, a tratti, vederlo tanto lontano dal suo centrocampo appare comunque uno spreco.

Le intenzioni di Luis Enrique sono note: si va in campo soltanto per vincere, il suo credo. Così è la Roma sotto gli occhi del presidente DiBenedetto (domani l'investitura nel cda giallorosso) e degli altri dirigenti (l'attuale numero uno Cappelli, il candidato alla vicepresidenza Tacopina, l'ad Fenucci) a cercare con insistenza di impossessarsi della sfida. Totti e De Rossi dialogano, Josè Angel avanza, Osvaldo e Borini corrono, ma l'unico pericolo dell'intero primo tempo è una saetta dell'ex Pupone che piega le mani a Mirante per finire prima sul palo e poi sui piedi di Osvaldo che centra la sagoma del portiere gialloblù. La Roma è in partita come mai in questo avvio di stagione perché, stavolta, il possesso palla non è sterile o fine a se stesso e, in avvio di ripresa, Osvaldo sale in cattedra (e in cielo) per il primo gol da trasferta: l'invito di Rosi è telecomandato, l'italo-argentino ringrazia con un colpo di testa che beffa Mirante. Luis Enrique è una molla, l'intera panchina festeggia il sigillo dell'ex bomber dell'Espanyol come una liberazione. Il campionato che avanza adagio ha prima aspettato le due milanesi, ora riscopre una Roma a tre lunghezze dalla vetta così affollata.