rassegna stampa roma

Osvaldo, gioia azzurra

(Il Messaggero A-Angeloni) – Vuoi vedere che alla fine aveva ragione lui quando, il giorno della presentazione alla Roma, disse di valere più di quei famosi diciotto milioni versati dai giallorossi all’Espanyol per il suo cartellino?...

Redazione

(Il Messaggero A-Angeloni) - Vuoi vedere che alla fine aveva ragione lui quando, il giorno della presentazione alla Roma, disse di valere più di quei famosi diciotto milioni versati dai giallorossi all’Espanyol per il suo cartellino? Pablo Daniel Osvaldo finisce in azzurro, convocato dal suo ex allenatore ai tempi della Fiorentina, ovvero Cesare Prandelli, che in realtà all’epoca non poteva concedergli troppe possibilità di mettersi in mostra.

 Nessun preavviso, nessuna richiesta di disponibilità (Pablo ancora poteva scegliere di giocare nella Seleccion), niente, solo una chiamata, ieri mattina, poi il treno delle 18, direzione Firenze. «É maturato», ha detto Prandelli, «è da nazionale», ha sentenziato il suo amico De Rossi, che lo attendeva a braccia aperte. Quello dell’Osvaldo azzurro è un piccolo passo in più per giustificare quei soldi, per dire che sono stati spesi bene. «È pure nazionale, quindi vale di più», si dice sempre così in pieno mercato, no? Sì, così è. Se vale per gli altri, varrà pure per questo bel argentino su cui Luis Enrique ha puntato fin dall’inizio. Al suo arrivo molti hanno storto la bocca, presentandolo come un bidone; molti altri hanno solo fatto notare la cifra spesa e così siamo al discorso fatto sopra, quindi lasciamolo altrimenti non se ne esce più. Le chiacchiere stanno a zero, i numeri dicono molto: Osvaldo ha segnato tre gol nelle ultime partite di campionato, la Roma ha fatto sette punti, adesso è arrivata la chiamata in Nazionale, visto che Balotelli e Pazzini hanno lasciato il ritiro azzurro di Coverciano.

Quindi? Punto. I tifosi si godono questa scoperta. O riscoperta. In Italia Osvaldo era ben noto, pur arrivando nella capitale da un club spagnolo, l’Espanyol di Barcellona. Qui da noi non aveva lasciato proprio un segno indelebile, poche presenze ovunque (dall’Atalanta al Bologna, passando per Lecce e Fiorentina), pochi gol ovunque, qualche prodezza ancora splendente (gol Champions in viola, rovesciata contro la Juve). Ma tanta rabbia, quella sempre, di essere stato sottovalutato, poco capito in passato, tant’è che a Firenze lo chiamavano il cameriere, dicevano avesse un nome da cameriere. Ora parte da Firenze il suo sogno azzurro, con l’idea fissa di fare una bella mitraglia in Serbia o a Pescara contro l’Irlanda. «Ho voglia di prendermi una rivincita», aveva detto un mese e mezzo fa, «e ora si è materializzata», ha pensato e riferito in queste ore a chi lo ha sorretto pure nei periodi neri. «Si realizza un sogno», le sue dichiarazioni sulla pagina Facebook della Roma, che ringrazia insieme con i suoi tifosi, molti ieri alla stazione lo hanno salutato con affetto, ovviamente chiedendogli un gol al derby. Il suo è un sogno di un calciatore bambino, ora maturo, che ama sorridere, adora leggere, apprezza la bella vita e la bella musica, stravede per la bimba Victoria e per la moglie Elena, conosciuta e sposata durante la sua permanenza a Bologna, alla fine importante solo per questo, ma vive per il gol. «Ne farò venti», disse.

 E continuando così, ci arriva, passando anche per il derby. Ecco l’unica nota negativa: Luis Enrique lo perde proprio quando doveva preparare la stracittadina. Ma Osvaldo non pensa proprio alla Lazio ora. Domenica è stato a Firenze, a spiare la squadra di Reja (è il motivo che piace da un punto di vista giornalistico) e a rivedere una città dove torna spesso, dove ha molti amici e anche per guardare da vicino la Fiorentina, squadra a cui è molto legato (i motivi reali). Proprio da Firenze riparte il suo cammino azzurro, fatto solo di 12 presenze e due reti nell’Under 21 di Casiraghi. Il suo idolo da sempre è Batistuta, argentino come lui, ma extracomunitario per tutta la carriera: Osvaldo invece ha scelto quella italiana come cittadinanza, il bisnonno è nato nella provincia di Pesaro Urbino. Dal 2009 è italiano ancora di più, visto il matrimonio con la bolognese Elena. L’Osvaldo italiano nasce con Colantuono, passa per Zeman, l’allenatore che lo ha apprezzato di più. Prandelli gli preferiva Pazzini e Gilardino. Lui è una punta centrale, nella Roma si sta adattando a fare il centravanti laterale, un po’ quello che sarà chiamato a fare in nazionale. I gol ne ha fatti tanti solo in Spagna, sta cominciando ora a trovare una continuità sotto porta nel nostro campionato. Tutto bello, tranne per qualcuno. «La convocazione di Osvaldo nella nazionale italiana certifica il fallimento definitivo della politica della Figc. Il progetto di Prandelli si sta trasformando in una pensione per oriundi», parole e musica del deputato della Lega Nord, Davide Cavallotto. «È mai possibile - si chiede - che nei nostri vivai non ci siano giocatori all’altezza degli scarti delle altre nazionali?». Evidentemente no.