rassegna stampa roma

Osvaldo: auto, rock & gol tra Prandelli e l’Argentina

(La Repubblica-M.Pinci) Erano bastati i primi 180 minuti giallorossi perché lo spirito romanesco trasformasse Pablo Daniel Osvaldo nel “cipolla”. Vuoi per quell’acconciatura almeno singolare,

Redazione

(La Repubblica-M.Pinci) Erano bastati i primi 180 minuti giallorossi perché lo spirito romanesco trasformasse Pablo Daniel Osvaldo nel “cipolla”. Vuoi per quell’acconciatura almeno singolare,

o magari per le lacrime dei disperati supporters dell’Olimpico. In dieci giorni, però, “Dani” (così lo chiama Luis Enrique) ha capovolto la Roma e gli umori di chi, insieme a codino e fascetta per capelli, gli rinfacciava i 15 milioni spesi dal club per portarlo nella capitale. Tre reti in tre gare, dal Siena all’Atalanta passando per Parma, festeggiate con la “mitraglia” in stile Batistuta, il suo idolo. La strada giusta per convincere l’allenatore a regalargli — con Totti quasi out — un derby da leader. Il primo nel nostro paese, dopo le esperienze con Atalanta, Lecce, Fiorentina e Bologna. Già, perché l’Italia, dopo Buenos Aires, è stata per anni casa Osvaldo. Qui ha vissuto tra il 2006 e il 2010, qui ha conosciuto la splendida moglie Elena, di Firenze, qui due anni faè nata la figlia Victoria. L’accento fiorentino gli è rimasto, anche se la sua passione parla il linguaggio della musica: «Non fossi stato calciatore, avrei fatto la rock star», racconta agli amici. Lo stile è già quello giusto: capelli lunghi, collane, bracciali e l’amore per i Pink Floyd. Colonna sonora del viaggio verso Firenze, dove domenica è stato a trovare vecchi amici, “The Dark Side of the Moon”, ma nel suo Ipod non mancano il rock argentino di Calamaro, i Beatles, Vasco. Per emularli, vorrebbe imparare a suonare la chitarra.

 

Intanto, fa pratica con i gol. Quelli che all’Espanyol — 20 in 44 match — lo hanno eletto idolo dei tifosi. Nella città di Messi, Osvaldo è anche diventato personaggio, dimenticando gli eccessi che lo avevano distratto nella gioventù fiorentina. Se in Toscana girava con la Ferrari nera acquistata dopo la prima doppietta, e che Prandelli avrebbe voluto fargli vendere, a Calle Farìa, una lingua d’asfalto lungo il mare di Barcellona, era leggendaria la sua Mini bianca con tetto, parafango e cerchi azzurri — i colori dell’argentina, ma come lo spieghi ai romanisti? — e l’icona di Maradona sulla fiancata.

A breve la porterà a Roma, dove in attesa di trovare casa, tra Eur e Casal Palocco, vive con moglie e figlia al park hotel Mancini, sulla Pontina. Lì, ha stretto amicizia con Heinze, con cui divide figli piccoli e patria. Almeno una:perché adesso che Prandelli lo sogna in azzurro e in Argentina i tifosi locali lo pretendono nella Seleccion (il ct Sabella ne ha già sondato la disponibilità), è ora di scegliere. Dalla nazionale è tornato invece Stekelenburg: fino a lunedì, quando tornerà a Trigoria, si allenerà da solo con il preparatore Nanni. Meglio non rischiare.