(Gazzetta dello Sport-A.Elefante) Dicano quel che vogliono, per lui è un sogno: «Continuo a guardarmi intorno e a dirmi: "Non ci credo"».Pablo Daniel Osvaldo, la maglia azzurra e sotto la maglia azzurra qualcosa di più di un colore:
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Osvaldo al leghista «Sono più italiano di te»
(Gazzetta dello Sport-A.Elefante) Dicano quel che vogliono, per lui è un sogno: «Continuo a guardarmi intorno e a dirmi: “Non ci credo”». Pablo Daniel Osvaldo, la maglia azzurra e sotto la maglia azzurra qualcosa di più di un colore:
«E' che io sono nato in Argentina ma mi sento italiano: è italiana mia moglie, Elena; sono italiani i miei figli, Gianluca e Victoria, che sono nati a Bergamo e a Firenze. E' in Italia che sono nato calcisticamente, è l'Italia che mi ha dato una maglia della Nazionale e un giorno spero di affrontarla l'Argentina, che invece non me l'ha data mai: vorrebbe dire che sono ancora qui, in azzurro. Io avevo scelto già ai tempi dell'Under 21, al Mondiale 2006 tifavo Italia, anche perché c'era German (Camoranesi, ndr) che è di Lanus come me, e l'altra sera a Belgrado ho cantato l'inno italiano, anche se German ai suoi tempi non lo cantava: l'ho sempre fatto, già quattro anni fa, non credo di mancare di rispetto a nessuno».
Bati e Higuain Magari hanno mancato di rispetto a lui e alle scelte di Prandelli, ma che dicano pure. Dica pure il deputato della Lega Nord, Davide Cavallotto, che questa Nazionale «sta diventando una pensione per oriundi». Salvo poi rettificare ieri: «Ha tutto il diritto di rispondere alla convocazione». Dice Osvaldo: «A me scappa da ridere. Ma so che questo signore ha criticato anche altri calciatori, soprattutto del Sud: mi sa che sono più italiano io di lui». E se dire una frase così valesse come un gol, festeggerebbe di nuovo mettendo le mani sulle orecchie, come fece dopo il primo gol con la Roma: «E' quello che oggi mi fa essere più libero mentalmente. Perché io non lo faccio vedere, ma dentro ho tante emozioni:quel giorno ce l'avevo con chi aveva scritto e detto troppe cattiverie su di me». O magari forse mimando un mitra: «Come faceva Batistuta, che è sempre stato il mio idolo. Oggi? Guardo molto Higuain: ogni tiro è un gol, o giù di lì». Nessuna rivincita Anche se Osvaldo è un centravanti un po' diverso. Il prototipo dell'attaccante moderno, ha detto Prandelli. «Nell'Espanyol, a cui dovrò dire sempre grazie perché è la prima squadra che mi ha dato davvero fiducia, giocavo da solo là davanti; nella Roma mi sono adattato a stare più largo, anche se ora mi accentro un po' di più: un gioco non così diverso da quello dell'Italia, insomma». L'Italia di Prandelli, che ai tempi della Fiorentina lo impiegava come un talento ancora acerbo: «Ma io non ho nessuna rivincita da prendermi, né con lui né con Firenze. Davanti avevo Mutu, Gilardino, Pazzini e comunque Prandelli un po' mi ha sempre fatto giocare: lui e Zeman, da cui ho imparato tantissimo soprattutto per i movimenti offensivi, sono quelli che mi hanno insegnato di più. Ripensandoci, non posso non capire: entravo, volevo far tutto e non mi riusciva nulla. Più che egoista ero giovane, non avevo pazienza. Oggi il mio gioco non è cambiato, è cambiata la testa: vado in campo più tranquillo, capisco meglio le situazioni».
Il derby? riparliamoneOsvaldo capisce che è ancora presto per pensare all'Europeo: «Sono già felice di essere qui per la prima volta: lavorerò per farmi convocare ancora e intanto credo sia buon segno che nell'emergenza Prandelli abbia chiamato me e non qualcun altro». Ed è presto anche per parlare del derby: «Per scaramanzia, riaffrontiamo l'argomento domenica sera: con Luis Enrique in questi giorni ho parlato solo perché mi ha chiamato per farmi i complimenti per la Nazionale...».
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