rassegna stampa roma

Nodo De Rossi: “Il contratto andava rinnovato prima”

(Gazzetta dello Sport – M.Cecchini) – Se Marcel Proust avesse deciso d’infilarsi nell’Aula Magna di Coverciano, sarebbe rimasto sorpreso di vedere un ragazzo muoversi agilmente tra i rischi del tempo perduto e...

Redazione

(Gazzetta dello Sport - M.Cecchini) - Se Marcel Proust avesse deciso d'infilarsi nell'Aula Magna di Coverciano, sarebbe rimasto sorpreso di vedere un ragazzo muoversi agilmente tra i rischi del tempo perduto e l'elogio del tempo ritrovato. Quel ragazzo si chiama Daniele De Rossi e fra appena 87 giorni potrebbe firmare già per un'altra squadra senza chiedere conto a nessuno.

 Logico perciò che, pur in un ambiente azzurro, il suo rinnovo (e il progetto Roma che lo intriga) tenga banco. Niente ultimatum - «Girano cifre inesatte — dice De Rossi —. Ora siamo in una fase di stallo. Sono convinto che arriveremo ad un accordo che accontenti tutti. Escludere l'addio a parametro zero? Vediamo che succede. Parlo sempre coi dirigenti, ma per ora non c'è né sulla parte fissa né sulla variabile. Per il rapporto che ho con la città non pongo scadenze né ultimatum, ma il contratto andava rinnovato prima». La postilla però c'è tutta. «In Italia ci sono 2-3 squadre che mi piacciono per storia e ambiente, faccio l'esempio del Napoli dove non potrei mai andare, ma non giocherò mai in nessun altro club del nostro campionato. Spero di restare 5 anni qui (a Roma, ndr) e poi fare un'esperienza lontano: America, Cina, Giappone, Australia. Ibra? È bello fermarsi quando si è al top, meglio essere rimpianti che sopportati. La voglia c'è sempre, anche se rispetto a prima ci metto un po' di più a carburare quando vado ad allenarmi».

 Rivincita - «È un buon periodo, gioco meglio, ma non c'entra la mia vita sentimentale (è legato all'attrice Sarah Felberbaum, ndr): era serena anche quando l'anno scorso davo le gomitate in Ucraina o venivo espulso a Bari. Solo che quest'estate mi sono operato a un orecchio, non potevo andare al mare e così mi sono allenato per conto mio. L'anno scorso non sentivo tanta fiducia nei miei confronti». Barcellona - Il nuovo progetto, poi, gli piace. «Parlare del Barcellona fa male a chiunque. Ci sono delle similitudini fra Prandelli e Luis Enrique, entrambi cercano il palleggio ed il bel gioco. Io sto più indietro nella Roma, ma non è un problema. Mi sento centrocampista, ma un giorno potrei fare il difensore e così allungarmi la carriera. La nuova società? Sta lavorando da pochissimo. Fino a due partite fa per qualcuno eravamo da retrocessione, ora invece il vertice è lì: continuiamo e vediamo che succede. Con i Sensi stavamo da dio, parlavano più col cuore che col portafoglio, ma può essere stato un bene cambiare. DiBenedetto ha buone idee per lo stadio, il merchandising e conosce il calcio più di molti dirigenti». Coriandoli sul resto («Cerci è diventato un uomo e un campione, Osvaldo è da Nazionale, Totti non tornerebbe per una sola partita») e titoli di coda sul derby: «Meglio prepararlo giocando in Nazionale, così si sente meno la tensione». Ma tranquilli, quella salirà lo stesso.