(Il Romanista - M.Izzi) Il modo incredibile e vergognoso con cui ieri qualcuno ha cercato di gettare fango su Daniele De Rossi, campione e uomo straordinario che ha sempre onorato al meglio la maglia della Roma, oltre a riempirci d’amarezza verso l’uso delirante dei media, ci ha riportato alla mente una vicenda analoga risalente alla fine di marzo del 1980.
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Nell’80 accuse infondate contro Paolo Conti e Santarini. Viola querelò i colpevoli
(Il Romanista – M.Izzi) Il modo incredibile e vergognoso con cui ieri qualcuno ha cercato di gettare fango su Daniele De Rossi, campione e uomo straordinario che ha sempre onorato al meglio la maglia della Roma, oltre a riempirci...
Il 18 gennaio di quell’anno, il quotidiano Paese Sera pubblicava, per primo, la notizia di miliardi di giocate clandestine sulle partite di serie A e B, avanzando l’ipotesi del rischio di eventuali illeciti tendenti ad orientare il risultato finale delle gare stesse. La rivelazione passò quasi sotto silenzio, anche perché l’illecito sembrava solamente legato all’eventuale evasione fiscale legata alle giocate clandestine. A smuovere la situazione pensò però un’intervista del terzino della Lazio Montesi che dichiarò: «La corruzione esiste dovunque in Italia, e non ci si può illudere che il calcio ne sia al di fuori». In una seconda intervista, Montesi rivelò che alla vigilia di Milan–Lazio un compagno di squadra gli aveva proposto di truccare la gara e che lui, dopo aver rifiutato, aveva accusato uno stiramento per non essere a nessun titolo coinvolto nella vicenda. Il 23 marzo 1980 esplode dunque il primo scandalo scommesse legato al mondo del calcio
. Ad essere coinvolti sono anche un commerciante di frutta, Massimo Cruciani e il proprietario del ristorante “Le lampare”, Alvaro Trinca, che avevano sborsato decine di milioni, nel tentativo di ottenere giocate sicure e che alla fine, sommersi dai debiti, si erano dichiarati, a loro volta, truffati. Il 10 marzo, in una deposizione, Alvaro Trinca aveva ricordato di aver visto nel proprio locale alcuni calciatori della Roma tra cui Sergio Santarini e Paolo Conti.
I due atleti, al pari dei loro compagni di squadra erano assolutamente estranei ai fatti, la magistratura non li indagò mai, in quanto non esisteva la benché minima ombra su questi tesserati. Nonostante questo, alcuni organi di stampa pensarono bene di citare il nome di Paolo Conti e di Sergio Santarini, e in modo più fumoso quello della stessa Società, insinuando il dubbio che potessero magari essere coinvolti, a qualche titolo, nei fatti. Il primo a reagire in maniera furibonda a questa colossale “cazzata”, fu Dino Viola che il 31 marzo prendeva carta e penna e firmava la seguente lettera aperta: «Ai tifosi della “Roma” e a tutti gli sportivi dichiaro che è falso e calunnioso tutto ciò che mi è stato attribuito, o si sta cercando di attribuirmi, nel tentativo di coinvolgere la Società giallorossa nello scandalo delle partite truccate. La mia “Roma” non ha alcunché da nascondere e di cui vergognarsi. Saranno tutelati attraverso la giustizia la mia onorabilità di uomo e di sportivo ed il buon nome della “Roma”.
Oggi ho firmato una querela che verrà presentata e notificata domani alla Procura della Repubblica ». Accanto alla querela del Presidente Dino Viola, si affiancarono quelle di Sergio Santarini e Paolo Conti. Se le ignobili falsità non riuscirono a sfiorare l’immagine di Santarini, amatissimo capitano della Roma che anche in quella stagione aveva garantito un rendimento superbo, Paolo Conti che era tecnicamente in crisi, venne maggiormente ferito, doppiamente danneggiato dal chiacchiericcio di menzogne. Viola, intuendolo, rilasciò a Nicola Montanaro un’intervista pubblicata da Giallorossi, nella quale si leggeva: «Io Paolo Conti lo conoscevo come portiere, meno come uomo. Oggi la Società se lo ritrova ottimo come giocatore e come uomo. La vita è fatta anche di contrattempi e di amarezze, lui ha superato bene la dura prova».
All’attestato di stima seguirà il trionfo della verità, con le cause in tribunale, tutte vinte, con tanto di risarcimento per i querelanti. La vicenda ebbe un estremo epilogo nel novembre del 1999, quando Paolo Conti ottenne il riconoscimento del rimborso di 22 milioni di danni morali per alcune dichiarazioni contenute in un articolo pubblicato dal periodico La Notte. La sentenza numero 12828 spiegava come: «doveva ritenersi grave per Conti essere additato all’opinione pubblica quale giocatore toccato dall’inchiesta sul calcio scommesse essendo, peraltro, notoria l’attenzione con la quale gli stessi tifosi seguono la stampa per tutto quel che concerne le vicende della loro squadra e la prova in atti ha confermato che la notizia aveva raggiunto gli ambienti dei tifosi della squadra e che la reazione era stata una manifestazione di aggressività verbale nei confronti del giocatore (…)». La Roma, dunque era estranea ai fatti, così come Santarini e Paolo Conti… Ma quale cifra potrà mai essere sufficiente a risarcirli?
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