(Il Romanista) I tifosi della società che si vanta di essere un Ente Morale, ma che è stata retrocessa perché qualcuno dei loro si vendeva le partite, ci chiamano difettosi. Chissà perché. Eppure quelli che difettano sono loro. Difettano sicuramente di memoria.
rassegna stampa roma
Nel ’95-96 ben 14 rigori in 34 giornate
(Il Romanista) I tifosi della società che si vanta di essere un Ente Morale, ma che è stata retrocessa perché qualcuno dei loro si vendeva le partite, ci chiamano difettosi. Chissà perché. Eppure quelli che difettano sono loro. Difettano...
Ce l’hanno estremamente corta. Basta accendere la radio, sintonizzarsi su qualunque emittente locale, per ascoltare il leitmotiv di questi giorni in casa Lazio. Anzi, più che un leitmotiv è un’ossessione: i rigori della Roma. Secondo i presunti parenti, ne avremmo avuti tanti. Troppi. Tredici in 35 partite sono parecchi, in effetti. Già. E i loro 14 in 34 incontri nella stagione 95/96? Ecco, visto che difettate? Non amano ricordare, i laziali. Comprensibile. Quando ti fai undici anni in B, quando hai gente che ha disonorato la tua maglia col calcioscommesse, quando un capitano non sai nemmeno come è fatto, forse è meglio così. E’ meglio dimenticare. Le statistiche ci sono però per il motivo opposto. Per confutare le tesi di chi oggi sbraita gridando al “gomblotto”, invoca “tasche forze” (versione formellizzata di task force) e ribattezza Trigoria “Rigoria”. Stagione 1995/96, in campo c’è la Lazio di Zeman. L’ala è Beppe Signori, quello che ben presto per i tifosi della prima squadra di Formello diventerà «e segna sempre lui, si chiama Beppe Signori…». Segna molto, vero. Segna molto, però, anche perché è il rigorista designato. O quasi. In effetti, il primo dei 14 rigori concessi in quella stagione alla Lazio viene realizzato da Casiraghi. Annotate: 27 agosto, Lazio-Piacenza 4-1. Signori comincia la sua carrellata dagli undici metri il 17 settembre, con il Bari. Poi prosegue trafiggendo l’Udinese (il 24 settembre) e la Sampdoria (17 dicembre). Il 23 dicembre con l’Atalanta è festa grande, i rigori sono addirittura due. Già, due. Avete capito bene, due rigori non li danno solo alla Roma. E’ successo, succede, pure alla Lazio. Quel giorno, il buon Beppe fa centro entrambe le volte. A gennaio si continua. Il 28 gennaio, Signori segna ancora dagli undici metri. Stavolta il bersaglio è il Cagliari. E poi? E poi ci sono ancora il Bari – doppietta dal dischetto – il 4 febbraio, la Roma (mannaggia a Lanna…) due settimane più tardi, un altro bis stavolta con il Vicenza (31 marzo) e di nuovo la povera Atalanta (28 aprile). Il quattordicesimo rigore la Lazio se lo prende il 6 maggio con il Napoli. Ma Signori, a sorpresa, lo sbaglia. A sorpresa, eh sì. Perché Beppe era uno specialista. Li realizzava da fermo, facendo godere i laziali e vincendo così i titoli di capocannoniere. Come in quella stagione, appunto, dove condivise il primato con Protti proprio in virtù di quei 13 rigori calciati come si deve. Un’altra osservazione. Se Signori è arrivato lassù, a 188 reti nella classifica dei marcatori della Serie A, non è stato per grazia ricevuta. Ma per quella dote un po’ speciale che aveva solo lui, in mezzo a quella Lazio. Possedeva la freddezza dagli undici metri tipica dei grandi giocatori. Come Totti, che su rigore ha permesso all’Italia di andare a vincere un Mondiale. Come Totti, che Signori l’ha salutato da un pezzo. Come Totti, che 206 gol l’ha fatti solo con noi. Noi difettosi.
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